Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 

CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2013 09:18
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 01:46


PREGHIERA DI RINGRAZIAMENTO
===========================

"Il grazie sale spontaneo dal mio cuore
e dalla famiglia di Ali di Scorta ,
e si fonde con la preghiera che sale al cielo
per ciascuno di voi che ,
nei giorni di dolore e della speranza ,
ha scaldato e scaldera' sempre
la nostra anima con l'affetto,l'amicizia e
l'amore dei grandi ."



mauro
www.alidiscorta.it
segreteria@alidiscorta.it

OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:14


PREGHIERA DI RINGRAZIAMENTO
===========================

"Il grazie sale spontaneo dal mio cuore
e dalla famiglia di Ali di Scorta ,
e si fonde con la preghiera che sale al cielo
per ciascuno di voi che ,
nei giorni di dolore e della speranza ,
ha scaldato e scaldera' sempre
la nostra anima con l'affetto,l'amicizia e
l'amore dei grandi ."



mauro
www.alidiscorta.it
segreteria@alidiscorta.it

OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:24






Discussioni
LOTTA PER LE MALATTIE IN ETA' PEDIATRICA




--------------------------------------------------------------------------------

TUMORI : QUADRUPLICATA LA SOPRAVVIVENZA DEI BAMBINI
Giovedi 5 giugno 2008

Secondo i dati del reparto di oncologia Pediatrica , la sopravvivenza ai tumori dei piccoli pazienti è passata dal 15 al 70%.

Il dato è stato dichiarato da Manuel Castello durante il convegno svoltosi per celebrarne i 40 anni di intensa attività e presentare il libro, La guarigione tra scienza e sentimenti, che raccoglie le testimonianze di ex pazienti che grazie all’umanità e alla professionalità incontrate nella struttura possono oggi a distanza di anni raccontare la propria esperienza. «Quando 40 anni fa abbiamo iniziato a curare in maniera razionale i bimbi affetti da tumore - ha ricordato Castello - il panorama era tutt’altro che roseo. Per ogni caso di tumore che arrivava, il chirurgo pediatra effettuava, se possibile, l’intervento e chiedeva a un medico del reparto la terapia da fare. Il risultato era che il 40% dei bambini non riceveva un trattamento adeguato ed aggiornato».

Oggi, ha spiegato il pediatra, i casi di tumore maligno in età pediatrica (0-15 anni) sono 12-15 su 100 mila soggetti under-15, ovvero qualcosa come 1300 l’anno. Tra 0 e 14 anni le leucemie rappresentano il 30% dei casi, mentre i tumori del sistema nervoso centrale il 22,1%, poi c’è il neuroblastoma (7,9%), il tumore di WIlms (6%), il linfoma di Hodgkin (5,7%).




--------------------------------------------------------------------------------

===CONSIGLI AI GENITORI=====

Cercare, per quanto possibile, di rimanere calmi e dare fiducia al bambino;
rispondere alle sue domande, evitare risposte elusive e bugie, per quanto possibile;
portare da casa tutto l’occorrente per l’igiene personale;
portare giochi lavabili e lavarsi spesso le mani per evitare la proliferazione di germi;
non dare da mangiare al bambino cibi non forniti dall’ospedale, senza avere il permesso dei medici e degli infermieri soprattutto in aplasia midollare o in caso di interventi chirurgici;
informare il personale sulle abitudini del piccolo malato, per facilitare l’adattamento del bambino;
rivolgersi al personale volontario presente in Reparto per avere informazioni su servizi, associazioni, assistenza psicologica, interpreti per famiglie stranieri, assistenza sociale, etc..



--------------------------------------------------------------------------------

BAMBINI MALATI....................


Legge 104/1992


In seguito all’accertamento di una percentuale di invalidità si ha diritto ad alcuni benefici in ambito lavorativo, mentre altri dipendono dal riconoscimento dello stato di “handicap in situazione di gravità”. La domanda per tale riconoscimento va presentata all’ASL di residenza - Ufficio Invalidi Civili - allegando al modulo (che è lo stesso utilizzato per la richiesta di invalidità) i seguenti certificati: certificati anagrafici ( o dichiarazioni sostitutive) indicati nel modulo di domanda; il certificato medico del medico di base o dello specialista che segue il paziente, nel quale venga attestata la natura invalidante della malattia; la documentazione clinica (cartella clinica ed eventuali referti medici).

Tempi e modalità


La procedura è la stessa prevista per il riconoscimento dello stato di invalidità. Per evitare di doversi sottoporre due volte alla visita medico-legale, è consigliabile presentare alla propria ASL la domanda di handicap cosiddetto “grave” (L. 104/1992) contemporaneamente a quella per il riconoscimento dell’invalidità. In base a quanto è stabilito dalle Leggi 104/1992 e 53/2000 e dai Decreti Legislativi 509/1988 e 151/2001, una volta ottenuto il riconoscimento dello stato di invalidità e di “handicap in situazione di gravità”, è possibile usufruire di permessi lavorativi per curarsi e tale facoltà è concessa anche al familiare che assiste il paziente. L’art. 4 L. 53/2000, nello specifico, cita: “La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purchè si dimostri la presa in carico da parte del lavoratore o la lavoratrice. È bene precisare che al momento, il partner convivente non ha diritto a richiedere la legge 104/92. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie invalidanti, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcuna attività lavorativa”. Secondo, invece, l’art. 42 D. Lgs. 151/2001, il lavoratore-genitore anche adottivo ( o, in caso di decesso di entrambi i genitori, al fratello o sorella convivente) di soggetto con handicap in situazione di gravità ( art. 33, co 3, L. 104/1992), accertato da almeno da cinque anni, ha diritto ad un periodo di congedo retribuito, continuativo o frazionato, per un massimo di due anni. L’art. 53 dello stesso Decreto Legislativo sancisce il divieto di lavoro notturno per il lavoratore che abbia a proprio carico il soggetto disabile in stato di handicap grave. L’art. 33 della L. 104/1992 stabilisce i limiti di permesso retribuito in: 1) per il lavoratore con disabilità: 2 ore giornaliere o 3 giorni mensili; 2) per il familiare: 3 giorni mensili. Se è stata riconosciuta un’invalidità superiore al 50%, si ha il diritto ad usufruire di 30 giorni all’anno (anche non continuativi) di congedo retribuito per le opportune cure mediche relative allo stato di invalidità (art. 26 L. 118/1971 e art. 10 D. Lgs 509/1988). Tali permessi vanno sommati ai giorni di malattia previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato in base alla categoria di appartenenza del lavoratore.

Domanda


In seguito al rilascio dell’attestato di handicap grave, il genitore dovrà allegare copia dell’attestato alla domanda da presentare all’INPS per beneficiare di tali agevolazioni. Una copia dell’attestato va consegnata, inoltre, anche al datore di lavoro, al quale verrà fatta richiesta per usufruire di tali permessi. E’ necessario rinnovare tutti gli anni la domanda. Attualmente alcuni CCNL nel settore del pubblico impiego, per ciò che riguarda la tutela dei malati neoplastici, prevedono che, per patologie gravi che richiedano terapie salvavita come l’utilizzo di chemioterapia, i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital e i giorni di assenza dal lavoro per sottoporsi alle cure siano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia previsti e siano retribuiti interamente. Per esempio per i CCNL Enti Locali si fa riferimento agli articoli: art. 21 co. 4 del CCNL 6/7/1995, sostituito dall’art. 10 co. 2 del CCNL 14/9/2000 e art. 7 bis del CCNL 6/7/1995, introdotto dall’art. 10 co. 1 del CCNL 14/9/2000. Mentre per quanto riguarda gli altri CCNL si fa riferimento: per i CCNL Scuola (art. 23 co. 8 bis introdotto dal CCNL 26/5/1999); per i CCNL Cassa Depositi e Prestiti (art. 29 co. 8 del CCNL 2/7/2002); per i CCNL Ministeri (art. 21 co. 7 bis del CCNL 16/5/1995, introdotto dall’art. 6 co. 1 del CCNL 16/2/1999). Tutto ciò non solo prolunga indirettamente il periodo di comporto (cioè l’arco di tempo durante il quale il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore malato; la sua durata varia in base alla qualifica e all’anzianità di servizio del lavoratore) evitando così il licenziamento, ma garantisce al lavoratore anche il mantenimento dello stipendio che, altrimenti, dopo un certo periodo di assenza per malattia, sarebbe ridotto o azzerato. Inoltre, nel caso in cui si tratti di malattia di un minore, è possibile usufruire del congedo di maternità fino ai tre anni del bambino, in base alla Legge sulla maternità e paternità n.° 1204 del 1971. E’ bene sottolineare che il padre, tranne che per i congedi usufruiti dalla donna in gravidanza e gli obbligatori tre mesi dopo il parto, può usufruire dei normali congedi previsti dalla Legge sulla maternità e paternità, in quanto sono estendibili anche all’uomo. Se la condizione di malattia dovesse persistere dopo il terzo anno di vita del bambino, il genitore potrà richiedere i tre giorni mensili normalmente previsti dall’art. 33 della Legge 104/92.








--------------------------------------------------------------------------------

======= SUI TUMORI INFANTILI==================


Quali sono i sintomi ai quali deve fare attenzione un genitore?
Non esistono regole precise: nei bambini sani, cioè senza malattie ereditarie che predispongano all’insorgenza di tumori, la scoperta di una neoplasia è sempre accidentale. Per esempio, uno dei genitori si accorge che c’è un rigonfiamento nella pancia del bambino (nefroblastoma), oppure una tumefazione dolorosa nella coscia (sarcoma di Ewing). Delle semplici convulsioni possono essere la spia di un tumore cerebrale. Leucemie e linfomi, che costituiscono il 40% dei tumori pediatrici, spesso si presentano clinicamente con dei sintomi vaghi e aspecifici, del tutto simili ad un’infezione virale. Ecco dunque che la diagnosi di un tumore in un bambino è sempre una sorpresa, anche per i medici che sono abituati a queste situazioni. Un solo consiglio di ordine generale: tutte le febbri prolungate e le perdite di peso non spiegabili vanno portate prontamente all’attenzione medica.

Esistono delle regole di prevenzione per i tumori pediatrici?
Non esistono misure di screening raccomandate per i bambini sani. Prima di tutto, non è pensabile sottoporre tutti i bambini a degli esami che possono essere anche invasivi. Inoltre, molti tumori pediatrici sono in fase metastatica già al momento della diagnosi, e non sempre una diagnosi precoce comporta un aumento reale della sopravvivenza. Infine - e questo è l’aspetto più importante - le misure di prevenzione efficaci negli adulti (la mammografia, il PAP test, la colonoscopia, il marker tumorale PSA, e la ricerca del sangue occulto nelle feci) non sono proponibili nei bambini, perché si riferiscono a tipi di tumori che non si sviluppano quasi mai in età pediatrica. Quanto detto vale solo per i bambini normali: se invece il bambino ha una sindrome genetica che predispone all’insorgenza di tumori (per esempio lo xeroderma pigmentoso, una malattia della pelle che predispone all’insorgenza di tumori cutanei), oppure appartiene ad una famiglia in cui vi è la trasmissione ereditaria di un tumore, allora è necessario che venga sottoposto a degli esami di screening, determinati dallo specialista oncologo: possono essere test di tipo genetico, laboratoristico, o strumentale, a seconda dei casi.

Quali sono i disturbi provocati dai tumori ossei?
Il sintomo più frequente è rappresentato dal dolore osseo localizzato nella sede del tumore. In ogni caso, tutti i dolori ossei insoliti per quanto riguarda sede e modalità di insorgenza vanno indagati tempestivamente. Un altro segno importante è la presenza di un rigonfiamento o tumefazione anormale a livello di un osso. A quali complicazioni può andare incontro un paziente con tumore osseo? Una delle complicazioni più drammatiche è la frattura ''patologica'', cioè una frattura che insorge spontaneamente, in assenza di traumi oppure dopo un trauma lieve. I tumori indeboliscono la robustezza dell’osso e quindi tutte le fratture spontanee devono far escludere la presenza di un tumore sottostante. Un’altra complicazione è rappresentata dalla comparsa di metastasi a livello polmonare, per cui i pazienti possono accusare un respiro difficoltoso, emissione di sangue nello sputo e dolore in sede toracica.

Come si fa a diagnosticare con certezza un tumore osseo?
E’ sempre necessaria la biopsia della lesione, che nella maggior parte dei casi viene effettuata da un chirurgo ortopedico. I dati della biopsia vanno poi combinati con quelli clinici, di laboratorio, e radiografici: radiografia, TAC, o risonanza magnetica nucleare. Se un tumore insorge in un arto, questo può essere salvato, evitando l¿amputazione? Sì, soprattutto se il tumore viene trattato con un approccio multidisciplinare, cioè coinvolgendo non solo il chirurgo ortopedico, ma anche l’oncologo medico per la chemioterapia e il radioterapista. Molti dei pazienti che un tempo venivano invariabilmente sottoposti ad amputazione, oggi vengono trattati risparmiando l’arto: per esempio, trattando il tumore con la chemioterapia prima dell’intervento chirurgico, in modo da ridurre il volume del tumore e facilitare l’approccio chirurgico.

Quando un tumore può essere considerato curato e il bambino non è più a rischio?
Premesso che esistono alcuni tumori che possono recidivare anche dopo 25 anni, come per esempio il linfoma di Hodgkin, si può dire che una persona che sopravvive 5 anni dopo la terapia senza recidive sia verosimilmente curata. Infatti, le recidive dopo 5 anni sono estremamente rare.

Quali possono essere le conseguenze a lungo termine della terapia antitumorale?
A parte le conseguenze psicologiche (sia per il paziente che per la famiglia), quelle strettamente mediche sono diverse, a seconda del tipo di terapia effettuata. Quattro esempi importanti:

la radioterapia del cranio, impiegata a scopo profilattico nei bambini con leucemia linfoblastica acuta, può comportare disturbi dell’apprendimento
alcuni schemi di chemioterapia inducono sterilità
le antracicline, che sono tipi particolari di farmaci chemioterapici, possono causare scompenso cardiaco
la radioterapia e la chemioterapia inducono delle mutazioni genetiche e quindi possono, dopo tanti anni, causare lo sviluppo di tumori secondari, cioè indipendenti da quello iniziale.
Un nuovo tumore si verifica in circa il 10% dei pazienti trattati con trapianto di midollo osseo.


--------------------------------------------------------------------------------

=============================LA CARTA DEI DIRITTI ........................

La Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale gode dei seguenti patrocini:

Patrocinio del Ministero della Salute
Patrocinio del Ministero della Solidarietà Sociale
Patrocinio del Ministro delle Politiche per la Famiglia
oltre al sostegno del
Presidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia




PERCHE' LA CARTA DEI DIRITTI
=============================

LA CARTA FA RIFERIMENTO ALLA CONVENZIONE INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA DEL 1989, RATIFICATA DA TUTTI I GOVERNI EUROPEI E SI ISPIRA ALLA CARTA DI EACH, REDATTA NEL 1988.

L’intento è quello di sensibilizzare le istituzioni alla necessità di passare dal curare le malattie al prendersi cura dei bambini malati senza dimenticare il ruolo fondamentale delle famiglie.
Prendersi cura significa porre attenzione anche alla qualità dell’ambiente, quindi al bisogno del bambino di essere accolto e curato nel rispetto delle sue esigenze, il gioco, il sorriso, i colori...

===================================================================


1. I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere sempre la migliore qualità delle cure. Possibilmente a domicilio o in ambulatorio e, qualora non esistessero alternative valide, in ospedale. A tale fine deve essere garantita loro una assistenza globale attraverso la costruzione di una rete organizzativa che integri ospedale e servizi territoriali, con il coinvolgimento dei pediatri di famiglia.

2. I bambini e gli adolescenti hanno il diritto di avere accanto a loro in ogni momento (giorno, notte, esecuzione di esami, anestesia, risveglio, terapia intensiva) i genitori o un loro sostituto adeguato al compito e a loro gradito (nonni, fratelli, persona amica, volontari…), senza alcuna limitazione di tempo o di orario.

3. L’ospedale deve offrire facilitazioni (letto, bagno, spazio per effetti personali, pasti a prezzo convenzionato) ai genitori dei bambini e adolescenti ricoverati e deve aiutarli e incoraggiarli – se ciò è compatibile con le loro esigenze familiari - a restare in ospedale. Inoltre, perché possano adeguatamente prendersi cura del loro figlio, i genitori devono essere informati sulla diagnosi, sull’organizzazione del reparto e sui percorsi terapeutici in atto.

4. I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad essere ricoverati in reparti pediatrici - e mai in reparti per adulti – possibilmente aggregati per fasce d’età omogenee affinché si possano tenere in debita considerazione le differenti esigenze di un bambino o di un adolescente. Non deve essere posto un limite all’età dei visitatori, compatibilmente con il rispetto delle esigenze degli altri bambini e adolescenti ricoverati e alle necessità assistenziali del bambino o adolescente stesso.

5. Ai bambini e agli adolescenti deve essere assicurata la continuità dell’assistenza pediatrica da parte dell’équipe multidisciplinare ospedaliera 24 ore su 24 sia nei reparti di degenza sia in pronto soccorso.

6. I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere a loro disposizione figure specializzate (pediatri, infermieri pediatrici, psicologi, mediatori culturali, assistenti sociali, volontari) in grado di creare una rete assistenziale che risponda alle necessità fisiche, emotive e psichiche loro e della loro famiglia.

7. I bambini e gli adolescenti devono avere quotidianamente possibilità di gioco, ricreazione e studio - adatte alla loro età, sesso, cultura e condizioni di salute - in ambiente adeguatamente strutturato ed arredato e devono essere assistiti da personale specificatamente formato per accoglierli e prendersi cura di loro.

8. I bambini e gli adolescenti devono essere trattati con tatto e comprensione e la loro intimità deve essere rispettata in ogni momento. A bambini e adolescenti devono essere garantiti il diritto alla privacy e la protezione dall’esposizione fisica e da situazioni umilianti, in relazione all’età, alla cultura e al credo religioso loro e della loro famiglia.

9. I bambini e gli adolescenti – e i loro genitori - hanno diritto ad essere informati riguardo la diagnosi e adeguatamente coinvolti nelle decisioni relative alle terapie. Le informazioni ai bambini e agli adolescenti, specie quando riguardano indagini diagnostiche invasive, devono essere date quando possibile in presenza di un genitore e in modo adeguato alla loro età, capacità di comprensione e sensibilità manifestata.

10. Nell’attività diagnostica e terapeutica che si rende necessaria, devono essere sempre adottate tutte le pratiche finalizzate a minimizzare il dolore e lo stress psicofisico dei bambini e degli adolescenti e la sofferenza della loro famiglia.

===================================================================

Fondazione ABIO promuove la conoscenza e l’applicazione della Carta dei Diritti, alleandosi con tutte quelle realtà ospedaliere che sono impegnate nello sforzo di umanizzare l’ospedale, rispettando il diritto di bambini e adolescenti non solo alle cure migliori ma anche al rispetto dei bisogni affettivi ed emotivi degli stessi.


--------------------------------------------------------------------------------

************************* LA NOSTRA ATTIVITA'***************************************

L’Associazione “ALI di SCORTA”si avvale dell’attività dei volontari impegnati su numerosi fronti, finalizzata a :

◊ reperire risorse, attraverso le iniziative organizzate dall'Associazione quali:

- la vendita di Stelle di Natale e Uova di Pasqua;

- l'organizzazione di concerti;

- lotterie e pesche di beneficenza;

- redazione e diffusione del giornale dell'Associazione "Oltre il Decimo Piano";

- campagne di sensibilizzazione sostenute da testimonial attraverso i mass-media;

- convegni e riunioni.

◊ a partecipare all'animazione svolta nelle ludoteche dei reparti;

◊ a contribuire alla gestione dell'Associazione, nonché allo sviluppo della stessa.



L’Associazione “ALI di SCORTA” grazie ai numerosi sostenitori ha:

- Assegnato alcune borse di Studio annuali a medici, ricercatori e psicologi per assicurare cure adeguate e un necessario e competente supporto psicologico ai genitori ed ai bambini.

- Allestito una piccola sala giochi all’interno del reparto di Neurochirurgia Infantile dove i bambini trascorrono in un ambiente adeguato, una parte del tempo delle lunghe degenze.

- Affittato un appartamento nelle vicinanze del Gemelli adibito a “Casa Accoglienza” che è stato messo a disposizione di tutti i genitori già dal primo Marzo 2000.

- Ha partecipato attraverso l'organizzazione del "cenone di Natale" e la distribuzione di doni alla celebrazione delle Festività di Natale e Capodanno con i genitori ed il personale medico e paramedico presenti in reparto dal 1999.

- Distribuito aiuti economici ad alcune famiglie in evidente stato di necessità.

- Assicurato la copertura finanziaria per la realizzazione di una ludoteca all'interno del reparto di Neurochirurgia Infantile che sarà dotata di tutte le attrezzature di ricreazione, di gioco, di studio guidato, di attività creative come la pittura con e su diversi materiali. La ludoteca sarà inoltre dotata di due computer collegati ad internet che consentiranno anche un collegamento video del bambino ricoverato con i parenti lontani, la scuola di appartenenza, altri ospedali e centri dotati dello stesso servizio.

- Arricchito con nuove rubriche e pubblicato a colori il giornalino “Oltre il Decimo Piano” che ha raggiunto la tiratura di ben 18.000 copie, che viene distribuito gratuitamente con cadenza periodica a tutti i soci, ed a vari reparti dell’Ospedale. Il giornalino è un importante veicolo di informazione a disposizione di tutti i medici, di tutte le famiglie e di tutti i bambini.






PER CONDIVIDERE QUESTI NOSTRI IMPEGNI E PER CONSENTIRCI DI AGGIUNGERNE ALTRI,
AIUTATECI COMPILANDO IL BOLLETTINO POSTALE.
TUTTE LE MALATTIE POSSONO ESSERE SCONFITTE SE PRIMA RIUSCIAMO A
SCONFIGGERE L’INDIFFERENZA.
C/C POSTALE N° 882001
Associazione “ALI di SCORTA”
Policlinico “A. Gemelli”
00168 ROMA



A Natale, tutto è possibile!!!
Di Sandro Fedele

Quando glielo abbiamo proposto pensavamo di doverli convincere, di dover tirar fuori frasi del tipo “in nome della nostra amicizia… è Natale… è un’opera buona, un bel gesto”, avevamo elaborato una bella tattica di persuasione, pronti ad aggirare probabili obiezioni e risolvere i problemi legati al tempo e alla disponibilità di due personaggi famosi come Luca Laurenti e come Annalisa Mandolini, invece, niente di niente, neanche mezza parola di troppo.
Solo quella semplice domanda: “Ci venite a fare Babbo Natale per i bambini nei reparti di Neurochirurgia Infantile e di Oncologia Pediatrica del Gemelli ? e la loro semplice risposta: “si”.
Troppo facile. Eravamo felici ma dentro, il dubbio che quel sì fosse la maniera più veloce per toglierci di torno, era sempre più forte; e invece a quel si è seguita solo una precisazione: “lo facciamo solo per i bambini, niente Televisione o giornali, promesso ?”
D’un colpo via tutti i dubbi: non solo Luca e Annalisa sarebbero venuti ma avevamo anche la certezza che sarebbe stato un incontro semplice, intenso, per portare qualche regalo sì, ma soprattutto un po’ di serenità, un po’ di gioia, amicizia, calore umano, abbracci e tanti sorrisi. Ecosì è stato: Grazie Luca e grazie Annalisa.

B.A.S.
UNA BANCA PER DARE E NON PER RICEVERE
una bella iniziativa che i nostri Soci ed amici potranno ripetere nella propria Parrocchia o nella Scuola dei propri figli
Come fare per rendere concreto l’invito di Gesù verso il prossimo? Come creare l’occasione di darsi da fare in prima persona per qualcuno, anche se hai 6, 7 oppure 8 anni? Con queste domande nella testa siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di “ALI di SCORTA” e di tutte le persone che esistono dietro questa sigla e di tutte le persone a cui essa si rivolge. Un universo ignorato o quasi, a pochi passi dalle nostre case. Ecco allora l’occasione, ecco concretizzarsi davanti ai nostri occhi il “prossimo”. A questo punto non resta che coinvolgere tutti i bambini della parrocchia.
Abbiamo creato allora la “BAS Banca Ali di Scorta” pronta a raccogliere i nostri risparmi. Ma quali risparmi visto che i bambini fortunatamente ancora non devono lavorare? Facciamo lavorare anche loro! Ecco allora la Busta-paga per ogni bambino.
L’iniziativa della Busta-paga vuole aiutare i bambini ad assumersi personalmente l’onere di aiutare il prossimo, senza attingere ogni Domenica dal borsellino di papà e mamma. “Allora mamma, quanto mi dai se mi impegno ogni giorno ad apparecchiarti la tavola (o qualsiasi altro piccolo impegno, basta che sia quotidiano)? Stabilito il compenso, ogni giorno i bambini scrivono sulla Busta-paga il lavoro svolto e quanto hanno guadagnato. Alla domenica, chiudono la Busta con dentro il denaro e versano il tutto dentro lo sportello automatico della BAS, operante nella nostra chiesa durante la Messa delle 9,30. Confidiamo alla fine della Quaresima (cinque settimane di duro lavoro!) di aver raggiunto il nostro obiettivo.
Ci siamo poi preoccupati di rendere un po’ più personale questa iniziativa e abbiamo affiancato allo sportello della BAS una cassetta delle lettere: i bambini sono stati invitati a scrivere ai loro fratellini ospiti del reparto, inviando loro qualunque cosa possa contribuire a farci sentire tutti meno soli. Nel momento in cui scrivo siamo ancora all’inizio ma già si avverte una certa emozione, sia per la Busta-paga che per le letterine. Anche le scuole hanno aderito all’iniziativa.
Speriamo e preghiamo che si riesca a raggiungere l’obiettivo proposto (l’acquisto del macchinario SC 6002) ma soprattutto che si riesca a raggiungere il cuore dei nostri bambini perché crescendo, non dimentichino mai che siamo tutti il prossimo di qualcuno.
Parrocchia Nostra Signora di Guadalupe.

Musica per un sogno
(di Rachele Burkhard Lattari)
Nella splendida cornice della Chiesa di S. Ignazio di Lojola, a Roma, ha avuto luogo il 22 giugno scorso un concerto con musiche di Antonio Vivaldi e W. Amadeus Mozart, eseguito dal Coro e dall’Orchestra della Cappella Musicale di S. Maria in Via. La serata, organizzata dall’Associazione “Ali di Scorta”, era destinata alla raccolta di fondi per l’acquisto di un Neuronavigatore, da donare al Reparto di Neurochirurgia Infantile del Policlinico Gemelli: si tratta di una serie di attrezzature scientifiche, chirurgiche, diagnostiche e da un insieme di programmi di computer che permettono di ricostruire in tre dimensioni la struttura del cranio, dell’encefalo e dei vasi, basandosi sulla TAC e sulla RM.
Livia Azzariti, medico essa stessa oltre che conduttrice televisiva, ha introdotto la serata dando la parola al Prof. Concezio Di Rocco ed al Presidente dell’Associazione Sandro Massimo.
Il Coro e l’Orchestra diretti dal Maestro Stefano Sabene, hanno emozionato la platea con il “Gloria in Re maggiore RV 589”, con l’“Eine Kleine Nachtmusik K 525”, con l’“Ave Verum K 618” ed il “Laudate Dominum K 339”.
Le testimonianze di ospiti d’onore, come Simona Izzo e Riky Tognazzi, hanno preceduto la toccante performance di Paola Quattrini, che ha recitato un brano di Massimo Bontempelli.
Numerosissime le personalità presenti appartenenti al mondo diplomatico, istituzionale, politico, medico, che hanno a lungo applaudito gli artisti che hanno voluto mettere il loro talento al servizio di una iniziativa straordinaria che vede ancora una volta “Ali di Scorta” a fianco di coloro che soffrono.
A questi l’Associazione offre aiuto concreto ma, prima ancora, comprensione, condivisione della sofferenza, vicinanza, certa che solo se tutti noi faremo nostro il dolore degli altri – con un lavoro innanzi tutto d’amore – una forza nuova ed una luce nuova illumineranno i nostri atti e, attraverso il dolore delle famiglie che devono passare attraverso la prova durissima della sofferenza di un bambino sarà un po’ alleggerito.
E’ stata un’esperienza che ha allargato il nostro cuore.

Lazio
Campione nello sport e nella solidarietà
L’Associazione “ALI di SCORTA” ringrazia il Presidente Sig. Sergio Cragnotti, l’Amministratore delegato Dott.ssa Elisabetta Cragnotti e l'intera Società Sportiva Lazio S.p.A. per il gesto di altissima sensibilità dimostrato, offrendoci una percentuale sull’incasso della vendita dei biglietti delle partite di Coppa dei Campioni e di Coppa Italia per la stagione calcistica 2000/2001.
Ai calciatori, e a tutta la Società giunga la nostra riconoscenza e i nostri auguri unitamente a quelli dei piccoli malati per il successo chetutti loro meritano nelle varie competizioni che li vedrà impegnati.

Esempio di umanità e generosità
La Redazione di “Oltre il DECIMO PIANO” e l’Associazione “ALI di SCORTA” approfitta di questo spazio per portare all’attenzione dei nostri numerosi lettori il gesto di altissima umanità, generosità e di assoluto valore sociale che la Famiglia ROBUSTELLI ha fatto di recente, in occasione della perdita improvvisa del proprio figlio, decidendo in un momento di particolare sofferenza e dolore, di donare gli organi di GAETANO, permettendo ad altre persone di continuare a fare progetti di vita.
A questa Famiglia giunga tutta la nostra comprensione e un particolare ringraziamento per quanto hanno saputo fare in un momento particolarmente delicato.
Grazie a te Gaetano e a tutta la tua Famiglia.

GRAZIE


Mille volte grazie alla Società DEMOND Demolizioni Industriali di Mestre che in occasione del Natale 2001 e 2002, ha devoluto un generoso contributo all’Associazione
“ ALI di SCORTA”.
Grazie alla Sig.ra Paola Giorcelli, alla Sig.ra Mitra Afrashteh, ai Signori Francesco e Rosanna Leone che, con sentita partecipazione, sono al nostro fianco in ogni occasione.
Grazie al Roma Fans Club “MAGLIA GIALLOROSSA” e alla Presidente nostra amica Sig.ra Mariella Quintarelli che per fine anno 2001 ha organizzato una lotteria per “Ali di Scorta” mettendo in palio La maglietta di Damiano Tommasi, le scarpette di Gabriel Batistuta e i guanti di Francesco Antonioli.
I nomi dei vincitori dei preziosi trofei sono stati inseriti nel comunicato stadio del 6 Gennaio 2002 e letti durante la trasmissione “91° minuto” cheva in onda ogni lunedì dalle ore 20,15 alle ore 22,15 sull’emittente “Televita”.

Grazie alla “MICROSOFT” Centro Direzionale di S. Felice – Palazzo A – Via Rivoltana, 13 – 20090 Segrate (MI), che ha fatto una significativa donazione ad “Ali di Scorta”, consentendoci di intraprendere una ristrutturazione della sala giochi del reparto di Neurochirurgia Infantile del Policlinico Gemelli.
Grazie a:
“ MEDIASET – Canale 5” ed ai conduttori PAOLO BONOLIS e LUCA LAURENTI
“ RADIO RAI – Diversi da chi” e a Fontana Giovanni
“ T9 e al conduttore MICHELE PLASTINO
“ TELEVITA” e all’Editore F. LATTANZI
“ RADIO PARADISE”
“ Roberto De Angelis” conduttore di “91° Minuto” su TELEVITA e di Radio Paradise
“ RADIO DIMENSIONE SUONO”
“ RADIO RADIO”
per le preziose opportunità accordateci in concomitanza con eventi pubblicitari dell’Associazione e per gli spazi concessi nel corso delle varie trasmissioni che ci hanno consentito di raggiungere con i nostri messaggi un grande numero di ascoltatori.
Grazie a SIMONA IZZO e RIKY TOGNAZZI per l’amicizia e l’aiuto accordatoci in numerose occasioni come i concerti e la registrazione di alcuni spot pubblicitari.
Grazie a LIVIA AZZARITI, DANILA BONITO, PAOLA QUATTRINI GIULIANA LOJODICE e ANDY LUOTTO per la preziosa disponibilità dimostrata in occasione di alcuni concerti organizzati dall’Associazione.

Grazie al Maestro STEFANO SABENE e a tutti i suoi coristi e musicisti che inogni occasione hanno offerto la loro preziosa disponibilità, consentendocila realizzazione di eventi musicali straordinari apprezzati da un numeroso pubblico.



MATRIMONIO E SOLIDARIETA’
In un momento che tradizionalmente corrisponde alla felicità, a programmi di vita futura, a progetti pieni di aspettative e di immagini felici è poco consueto pensare a chi invece sta attraversando gli stessi momenti immerso in una realtà ben diversa e piena di incognite, di sofferenza, di scarse certezze su un possibile futuro, come i bambini di ALI di SCORTA e le loro famiglie.
Paolo Bonolis e Sonia Bruganelli ancora una volta ci hanno stupito per la loro umanità e sensibilità, donandoci il ricavato dei diritti fotografici del matrimonio, che verranno utilizzati per coprire le spese necessarie al funzionamento della “Casa Accoglienza” per i prossimi sei mesi.
Auguri per una vita serena e piena di eventi meravigliosi agli amici Paolo e Sonia a nome dell’Associazione e di tutti i bambini che essa rappresenta.
GRAZIE!!!



La Parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe per
“ ALI di SCORTA”
Un’intera comunità parrocchiale a sostegno delle iniziative della nostra Associazione. Succede nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe dove il parroco Don Stefano appena saputo dell’apertura della “Casa Accoglienza” situata proprio nel territorio parrocchiale nei pressi del Gemelli, ha proposto di dedicare tutta la quaresima alla raccolta di fondi per “Ali di Scorta”.
Domenica 12 Marzo l’iniziativa è stata presentata durante la Messa dei ragazzi, proprio perché l’impegno per aiutare dei bambini meno fortunati e le loro famiglie partisse proprio dai più giovani e arrivasse poi a coinvolgere gli adulti. La presentazione di “Ali di Scorta”, dei suoi progetti, l’apertura della Casa Accoglienza e la proposta di dedicare l’intera Quaresima a tutto ciò è stata accolta da un lungo e scrosciante applauso e la raccolta di offerte è subito iniziata spontanea alla fine della Messa.
Ma quello che vedrà coinvolti i ragazzi della comunità parrocchiale è qualcosa di veramente unico e speciale: ad ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza è stata consegnata quella che Don Stefano ha definito “la busta paga settimanale”: Ognuno così, mettendosi a disposizione della propria famiglia per i servizi che quotidianamente si possono svolgere a casa, “pretenderà” dai genitori un compenso che metterà nella busta che verrà poi consegnata la domenica a Messa: un tot per sparecchiare, un altro per lavare i piatti, un altro ancora per mettere in ordine la propria camera ecc.
Ai ragazzi l’iniziativa piace perché si sentono utili e responsabilizzati, ai genitori piace perché otterranno con un piccolo contributo quello che di solito non ottengono e a noi di Ali di Scorta piace ancor di più perché così facendo non si raccolgono solo dei fondi ma si crea una sensibilità diffusa e operante nei confronti dell’Associazione e più in generale per chi ha bisogno del nostro aiuto. Grazie Don Stefano: i frutti dell’iniziativa sono già sotto i nostri occhi, tanti altri non tarderanno ad arrivare. Vi terremo informati.
Sandro Fedele

Il cuore grande di Fiuggi
Un’intera comunità scolastica e non solo a sostegno delle iniziative della nostra Associazione. Succede a Fiuggi con gli studenti, le maestre e le famiglie che hanno organizzato per Ali di Scorta la vendita di fiori nelle varie piazze della cittadina.
Nella foto si può vedere schierata la squadra di ragazzi che con incredibile abilità si avvicinavano a tutti i passanti spiegando il significato dell’iniziativa e costringendo tutti ad acquistare una piantina.
Questi nostri piccoli amici hanno anche confezionato una quantità di fiori di carta che pure sono stati venduti con enorme soddisfazione dei genitori e delle maestre della Scuola.
Il clima gioioso ed euforico di questa piccola iniziativa, non ha impedito a questi giovani amici di percepire l’importanza e la grandezza del loro gesto, avendo preso coscienza di realtà spesso sconosciute che hanno bisogno di comprensione ed aiuto.
Sono piccole iniziative come quella compiuta a Fiuggi che unite a tante altre potranno consentire l’impiego sempre maggiore di risorse, nella speranza di offrire a tutti i bambini con malattie, malformazioni e neoplasie cerebrali, un futuro con qualche speranza in più.
L’Associazione “Ali di Scorta” è profondamente riconoscente verso tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita dell’iniziativaed in particolare verso i bambini, le maestre ed il nostro amico Piergiorgio.



Gli amici di Rieti
Un’intera città si è stretta vicino ad una famiglia di Rieti messa a dura prova da un avvenimento terribile che tra le altre cose li ha portati a conoscere il reparto di Neurochirurgia Infantile del Policlinico Gemelli.
Tutti gli amici di questa famiglia, hanno trasformato il critico avvenimento in numerosi gesti di solidarietà e di speranza realizzando un parco giochi nella città di Rieti e donando a diversi ospedali soldi e attrezzature per migliorare e rendere meno critica la permanenza dei bambini nei reparti pediatrici.
Ad “ALI di SCORTA” nel corso della commovente cerimonia di inaugurazione del parco gioghi ed alla presenza del Sindaco di Rieti e di tutte le autorità è stato consegnato un generoso assegno circolare che verrà utilizzato per la ludoteca in corso di realizzazione nel reparto di Neurochirurgia Infantile del Policlinico Gemelli.
Alla famiglia, alla città di Rieti ed al nostro amico Fabrizio inviamo i nostri più sentiti ringraziamenti e la nostra infinita riconoscenzaper il gesto di altissima sensibilità compiuto.


“ UNIVERSO MINORI”
percorsi per un nuovo umanesimo
Straordinarie le testimonianze della dott. Nicoletta Dentico di medici senza frontiere dall’Angola, della dott. Emma Fantozzi dall’Albania, della dott. Colette Kitoga dal Congo, racconti di miserie, di malattie, di guerra, di morte, rapporti di crudeltà e di sopraffazioni verso i minori. Le esperienze riferite dalla dott. Maria Pia Garavaglia presidente della Croce Rossa in vari paesi del mondo impongono riflessione e volontà di azione ad ognuno. Tutti gli interventi di altissimo valore professionale ed umano hanno evidenziato un filo comune che lega tutte le attività volte al rispetto dell’uomo, di qualsiasi uomo, dei suoi diritti fondamentali. Rinnovato l’impegno della Caritas, dell’Unicef, dell’Opam della Società S. Vincenzo, dell’Associazione Ali di Scorta, del Sermig Arsenale della pace di Torino, di tutte le Associazioni presenti che operano a favore dei deboli.
Si ringraziano, Il Sindaco, On. Veltroni, l’Assessore Raffaella Milano tutti i relatori e i partecipanti all’evento, per la loro affettuosa e significativa presenza. Si ringrazia il Prof. Tullio Visioli che ha guidato il coro dei bambini del Testaccio che ha dato un tono di allegria, di gioia,di tenerezza alla chiusura della manifestazione.



Seminario
“ UNIVERSO MINORI”
percorsi per un nuovo umanesimo
(insieme per costruire)
CONCLUSIONI
La situazione in cui siamo destinati a vivere esige un riordinamento della coscienza e delle metafore attorno alle quali si organizza la conoscenza. La tecnologia ha modificato l’ambiente delle percezioni umane, le coordinate della realtà nel cui ambito apprendiamo e ordiniamo i dati sensibili. L’esperienza non si presenta in forma lineare, in sequenza casuale ma in campi ed interazioni simultanee. Le relazioni umane sono diventate più diffuse, la ripercussione degli avvenimenti molto rapida: ogni conoscenza impegna quindi ogni uomo ad uno sguardo più ampio, ad una lettura comparata spogliata da pregiudizi e presunzioni, all’esercizio più esteso dell’amore. L’amore è una categoria morale, è la prima fonte produttiva di conoscenza. Stabilire il carattere del mondo futuro sarebbe del tutto arbitrario e fallace, non possono esserci indicazioni di percorso sicure per leggere e trasformare la realtà. Per una materia così vasta, così incerta, sono stati formulati nel corso del tempo progetti e definizioni. La verità assoluta non può essere raggiunta, non è un punto di vista. La distanza tra il problema ed una soluzione possibile può essere colmata con la vita di ognuno. La terra intera è cosparsa di ruderi di civiltà ed il residuo incombustibile è il dolore che nasce soprattutto dalla profanazione e dal sacrilegio che soltanto l’uomo, tra tutte le creature, può infliggere. Il dolore è l’ordito su cui è intessuta la trama della nostra civiltà. Tuttavia una corrente sotterranea, che passa inosservata a quanti sono catturati dalla banalità quotidiana, si muove con straordinaria potenza. Associazioni di varia identità, gruppi di individui anche con mezzi poveri si adoperano generosamente e con sacrificio per garantire i diritti negati. L’idea di un nuovo umanesimo si fa strada nel lento processo storico, culturale, sociale e vuole animare una rinnovata spiritualità fondata su valori condivisi. Il nuovo umanesimo nasce da un uomo umile ed audace che riconosce la propria fragilità, che valorizza la dignità propria e dell’altro e offre esempio di operosità utile e feconda, di amore incondizionato. Un uomo sa offrire la sua piena disponibilità, situandosi accanto a tutti gli altri, nella dimensione collettiva, che in rapporto fattivo con le altre coscienze prosegue nella conoscenza delle manifestazioni dell’umano. Un uomo che considera il futuro come tensione e sotto la guida delle virtù naturali ha un retto criterio delle cose che fa con intelligenza e l’opera delle mani e delle braccia. “sono un costruttore di città, ho arrestato la carovana lungo la strada” dice Saint Exupery “ero solo un seme nel vento; sotterro il seme così che gli alberi di cedro possano crescere ad onorare l’Altissimo”. E’ necessario anche definire le cause che perpetuano l’aggressività, la miseria e le ingiustizie; al nostro fianco vivono generazioni mute che attraversano la vita portando con sé un grido inespresso: i deboli, i socialmente impotenti. E’ istintivo il ricorso alle Beatitudini: ma l’uomo ha delle responsabilità e le deve assumere qui ed ora.
Il prevalere dei falsi bisogni deve essere rimosso nell’interesse di tutti coloro la cui miseria è il prezzo della ricchezza dell’uomo felice. Praticare quindi la rinuncia, esercitare la libertà in modo da rompere solidarietà fittizie, abitudini psicologiche e sociali poco corrette. Vivere la relazione tra il lavoro ed il riposo dello spirito e della cultura, animando un rinnovamento che tenga conto delle diverse civiltà in reciproca interazione. Pensare dunque la complessità, esistono tanti mondi e nessuno di questi può levarsi a simbolo di tutti gli altri. Tutelare la vita che nasce. Ciascuno nascendo crea il mondo perché ciascuno è un mondo da rispettare: onorare i piccoli, gli indifesi, i poveri, gli abbandonati. Esistono malattie spirituali nella civiltà che ci riguarda date dal logorio, dalla stanchezza; l’uomo è devitalizzato, anche sotto apparenze brillanti si celano la noia, l’impotenza, il nulla. Ed è un nulla che non nega niente e non si rivolta contro niente. L’uomo sano ha la responsabilità di concludere l’opera della creazione, organizzando le proprie finalità. L’universo è un ambiente dotato di senso in cui tutto mantiene la relazione: non è permesso sconvolgerne gli equilibri. Nella sua finitezza l’uomo è chiamato ad essere mediatore, tendendo ponti dialettici, dando un significato ad ogni accadimento per nuove forme di esistenza, in un processo che inglobi conservazione e progresso, stabilità e divenire, coordinati e integrantesi secondo le linee già tracciate da coloro che lo hanno preceduto. L’uomo può raggiungere verità oggettive solo attraverso l’incontro con le altre soggettività. “Sono un uomo e niente di ciò che è umano mi è estraneo”. L’uomo è l’unico essere che può elevarsi sopra se stesso, può dire no e disobbedire perché è capace di obbedire. La formazione dell’opinione della società di massa è nella quasi totalità un processo di corruzione. Il Papa denuncia la perdita della libertà di coscienza con l’uso cinico dei mezzi di comunicazione sociale. Il problema dell’educazione si impone. Intanto è buona norma non ritenersi mai definitivamente educati. Nessuno ha qualcosa da insegnare se non è disponibile al diverso da sé; anche l’oppositore è un educatore ed è occasione di esercizio di fecondo contrasto. E’ sempre in atto la tecnica della sfrontatezza per propagandare la menzogna; restituire valore alla verità è il progetto per eccellenza. La verità non come affermazione della propria soggettività, ma ricerca attraverso molteplici soggettività al fine di pervenire ad un incremento di verità. La verità ci rende liberi. Cultura è educazione alla libertà, all’indipendenza del pensiero anche se libertà è senza garanzie: l’uomo da millenni lascia tracce di affrancamento doloroso da ogni servitù. nella realtà presente esistono terribili schiavitù ai margini di una confortevole, levigata, democratica libertà. Cultura è lottare per la giustizia come virtù e religione. Siamo un filo essenziale nell’ordito del tempo, uomini carichi di debolezze e fragilità accomunati nella finitezza. Giustizia è portare avanti una forte idea di fratellanza, nel riconoscimento della sacralità di ogni uomo. Giustizia è praticare la collaborazione senza opposizioni e divisioni preconcette e confrontarsi sul modo di intendere il bene. Il presente è il tempo in cui la vita accade e siamo chiamati a riflettere ed agire. Fino a che le società moderne secerneranno miseria come prodotto del loro funzionamento, non può esservi riposo per l’uomo di coscienza. Nello spirito di conciliazione prodigarsi quindi per il bene comune. Leonardo Sciascia riferisce in una sua pagina che il più grande intrepido sentimento religioso è quello che nasce dalla distruzione dell’egoismo e aggiunge “l’egoismo delle razze, delle nazioni, delle chiese, delle classi, delle fazioni”. Rifarsi sempre ad un’etica universalmente riconosciuta è retto principio. C’è un’anima del tempo da comprendere in una verifica continua. L’esperienza spirituale deve essere un evento mondano e sociale nel rapporto vitale di tutte le religioni, delle diverse linee di pensiero. E’ solo a favore dei diseredati che ci è data la speranza. Muore l’individuo ma non il senso che ha voluto dare alla propria vita che resta ai compagni di umanità. Dove sussiste infine il problema della formazione, considerare la persona nella sua complessità indipendentemente dal suo manifestarsi. Una persona è molto più di quello che appare. O la propria coscienza è il luogo dove si ascolta l’altro, oppure è una coscienza che afferma se stessa: infinito è l’essere che si costituisce ed irripetibile. Aiutare chi è affidato alle nostre cure ad orientarsi sul modo di intendere il bene, sulla identificazione del valore. Incoraggiare l’immaginazione, la ricerca del significato delle cose attraverso la lettura attenta della realtà. Ogni educazione deve considerarsi fallita quando toglie originalità all'educato. Il cuore agisce nella sfera del piccolo, ogni incontro deve essere fonte di stupore, anche le cose hanno un’anima: educarsi ed educare a percepire l’ordine misterioso del creato. La nostra mente non è adeguata all’immenso, ma una parte di infinito ci è destinata anche in questa vita se riusciamo ad identificare ciò che non muta nello svolgersi del tempo, nelle metamorfosi naturali e storiche, nei rapporti umani. Contro ogni sofferenza coltivare una speranza ingenua, “la speranza bambina”. “Non avranno né fame né sete né li offenderà il sole e l’arsura, ogni lacrima dai loro occhi sarà asciugata”.
Nicoletta Oddo






racconto


--------------------------------------------------------------------------------

LA MENTE ED IL CUORE................................
La nostra mente non e' adeguata all'immenso , ma una parte di infinito ci e' destinata anche in questa vita se riusciamo ad identificare cio' che non muta nello svolgersi del tempo , nelle metamorfosi , nei rapporti umani .
Il cuore agisce nella sfera del piccolo , ogni incontro deve essere fonte di stupore ,anche le cose hanno una anima .

Contro ogni sofferenza coltivare una speranza .

La vita e' fatta di attimi e di emozioni..................

www.alidiscorta.it

mauro





OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:27

Racconto di un papà


E' difficile affidare ad una penna e ad un foglio bianco l'esperienza vissuta dalla mia famiglia a causa della malattia di Erika, la mia figlia minore, che all'epoca aveva 6 anni e mezzo circa ...
Da più di un anno ero separato da mia moglie, che mi aveva lasciato i figli in affidamento. Stavo vivendo una situazione già difficile, ma quando mi fu diagnosticata la malattia della piccola, mi sentii sprofondare nel buoi più nero, cosciente che di leucemia si poteva morire.

Ho pianto tantissimo, da solo, nascondendomi dai miei figli per non far capire quanto mi faceva paura la gravità della malattia, sentendomi impotente e incapace di difendere la mia bambina da questo male.

Sono stato immediatamente indirizzato a Trieste al reparto Emato-Oncologico del Burlo e quando sono entrato sono rimasto sorpreso dal numero di bambini ricoverati, troppi. Lì è cominciato il "calvario" di Erica.

Durante le prime settimane di ricovero ho assistito giorno e notte mia figlia, familiarizzando con i termini medici più strani, una vera cultura della quale avrei fatto volentieri a meno.

In mezzo a tanto dolore, ciò che mi rimarrà per sempre impresso è la solidarietà che si era venuta a creare tra i genitori ed il personale medico e infermieristico. Mi sono sentito accolto in una grande famiglia e mi sono sentito capito e aiutato nel mio dolore.

Per assistere mia figlia ho usufruito di tutti i giorni di ferie disponibili e sono stato aiutato dai miei colleghi di lavoro che si sono resi disponibili a coprire il mio turno nei periodi in cui sono stato in ospedale con Erika.

Incominciavano tuttavia a sorgere anche altri problemi: mio figlio Daniele, di 11 anni, rimaneva, in un certo senso, abbandonato a se stesso. Nonostante potessi contare sull'aiuto dei miei genitori e dei miei suoceri, mi accorgevo di quanto al ragazzo veniva a mancare la mia presenza. Notavo i suoi sbalzi di umore, il suo bisogno di affetto e di "coccole", la sua insicurezza che cercava di nascondere con la spavalderia.

Mi trovavo come tra due fuochi: da una parte ero completamente assorbito dall'assistenza di Erika e dall'altra pensavo continuamente a cosa fare per farmi sentire vicino da mio figlio Daniele, partecipe dei suoi problemi adolescenziali.

Dopo il ricovero ospedaliero siamo potuti rientrare a casa, in isolamento e sempre pronti a ripartire per Trieste in caso di necessità. Nessun contatto con il mondo esterno. Era quasi un "seppellire" mia figlia, impedendole di vedere le sue amiche, di giocare da bambina di 6 anni ...

Sono stati i mesi più bui della mia vita. Ho superato tantissimi ostacoli, ma questo mi sembrava davvero insormontabile. Non riuscivo più neppure a lavorare, avevo sempre il pensiero lì, su quei maledetti globuli bianchi. Uscivo al mattino portando con me lo sguardo impaurito e dolce di Erika, che con gli occhi mi chiedeva quando sarebbe finita questa "tortura" ...

Una sera di aprile ho scritto alcune righe, spontaneamente, uno sfogo diretto verso il Signore, chiedendo con insistenza il perché di quanto mi stava accadendo. Mi sono accorto che è proprio nel momento del dolore che ci si avvicina di più a Dio e in quella sera ho pregato così: "Se c'è una luce di speranza, Signore, illuminaci la via della guarigione, affinché possiamo finalmente sederci dopo questo lungo cammino".

Però, intanto, il tempo passava. La bambina rispondeva abbastanza bene alle terapie e in occasione del suo settimo compleanno abbiamo potuto finalmente rompere l'isolamento, invitando le sue amiche più care per festeggiarla. E' stata una giornata indimenticabile: ho visto, dopo tanto tempo, il sorriso spensierato sul viso di Erika.

La terapia era diventata più leggera e poteva essere seguita dalla Dott.ssa Canale, presso il reparto di Oncologia Pediatrica dell'Ospedale Civile di Pordenone. Anche in questo caso mi sono trovato davanti a personale specializzato, disponibile e paziente, soprattutto con me che faticavo a volte a capire tutte le prescrizioni dei vari medicinali.

E' bello poter contare su qualcuno. La dottoressa è molto paziente, allegra al momento giusto, precisa e meticolosa, doti che danno sicurezza e tranquillità. Devo ringraziarla perché ha saputo aiutare Erika a superare le sue paure, a capire che un prelievo di sangue non è così tragico. Mi ha aiutato con consigli di ogni tipo, disponibile in qualsiasi momento. Devo proprio affermare che il suo lavoro è una vocazione.

Non posso dimenticare la sua assistente, Roberta, che con molta pazienza ha saputo prendere Erika, incoraggiarla e aiutarla.

Piano piano Erika ha ripresa una vita abbastanza normale. L'ho inserita in una scuola a tempo pieno per aiutarla a superare le sue paure, a ritrovare la serenità e la gioia dei suoi 7 anni e ogni giorno vedo i suoi occhi sempre meno tristi.

Spero di poter tra qualche tempo scrivere l'epilogo di questa storia triste, ma venata da una speranza che non morirà mai.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:29

Testimonianza di una madre...

A vent’anni da quando Tommi ci ha lasciato, la voglia di scrivere una testimonianza è forte. Lui stesso era una testimonianza, come lo sono quasi tutti i nostri figli. Guardateli. Quale testimonianza alla vita essi sono, quando si sentono bene, e anche quando si sentono male! La storia della vita e della malattia di Tommi è lunga, e tanti anni fa era mia intenzione scrivere un libro sulla nostra esperienza, ma dopo tanti anni, può essere riassunta. Scrivo una piccola storia perché tutti possono capire cosa significa vivere questa esperienza. Scrivo una piccola storia che forse soltanto altri genitori come noi possano veramente capire. La nostra storia è la storia di tanti. Forse la mia esperienza può essere utile a chi ha iniziato questo cammino. Tommi era un bellissimo neonato. L’ostetrica, quando abbiamo lasciato l’ospedale, ci disse: ho visto nascere tanti bambini, ma questo bambino è speciale, e voglio sapere come cresce. Se avete la possibilità, ditemi qualcosa ogni tanto, mandatemi delle fotografie.Tip tap … Tip tap … A 10 mesi Tommi inizia a camminare, e a due anni cammina in punto di piedi, cosa che farà per tutta la sua vita nei momenti adatti, prima perché è il suo modo di fare, e più tarde, probabilmente, perché ha il cervello leso dalle terapie e questo lo aiuto a mantenere l’equilibrio. Forse, crescendo, avrebbe affrontato il mondo in punto di piedi.Inizia a parlare prestissimo, e diventa un piccolo oratore: a due anni fa dei discorsi tanto complessi per la sua età attorno alle cose semplici della vita, che un giorno davanti al fruttivendolo, una signora commenta alla sua amica, “Sentite il professore!”Non voglio dire che Tommi era un genio. Non sapremo mai. Penso piuttosto ad una crescita precoce. Ma era il suo modo di fare davanti al mondo che era particolare. Ci girava intorno in punto di piede, osservava e parlava di tutto. A quattro anni è colpito da una leucemia linfoblastica acuta. Diagnosticata basso rischio. In questi anni, siamo all’inizio degli anni 80, soltanto il 45% dei bambini con questo diagnosi sopravvive, ma le sue probabilità sono superiori alla norma. Ci sentiamo in colpa – che strano sentirsi in colpa - davanti agli altri genitori con i figli “media rischio” o “alto rischio”. Ma fortunatamente, siamo classificati così. La fortuna nella sfortuna …Abbiamo tanta speranza, e affrontiamo la chemioterapia con un certo coraggio (noi genitori). Tommi, invece, protesta vivamente per ogni ingerenza medica (urla come un dannato per ogni prelievo di sangue dal dito, figuràtevi gli altri interventi), ma finito la manovra, rimbalza allegramente nella sua vita da bambino. Una volta, addirittura, riduce una infermiera, che lo aveva tenuto ferma con moltissima fatica, a lacrime, perché torna da lei a chiedere dolcemente scusa per la scenata di poco prima. Tanti urli di paura e rabbia, ma poi sorride e va a casa con il regalo che gli abbiamo fatto per il suo coraggio, che sempre coraggio è. Sorride perché ci sono i suoi amici che lo aspettano. E il giorno dopo c’è la scuola. Comunque posso dire, per chi mi legge, che i bambini hanno il diritto di urlare, se è così che vogliono affrontare le cure. Che il personale non deve mai dire – “non ti farò del male”. Questo gli veniva detto – e credo che i suoi urli erano più per la rabbia del tradimento che per il dolore che effettivamente c’era. Con i bambini è necessario affrontare la verità. Penso che la verità faccia più male a noi adulti che a loro; siamo noi che non riusciamo ad affrontarlo. Anche noi abbiamo bisogno di una dose di coraggio. La sua storia va avanti così, per un anno e mezzo. Le terapie vanno bene. Noi abbiamo paura, comunque, di perderlo, e i medici non ci possono dare sicurezza. Decidiamo di fare un secondo figlio, che mai era stato in programma. Rimango incinta. E poco dopo Tommi ha una ricaduta nel sistema nervoso centrale (ci dissero nel momento del diagnosi iniziale “speriamo che non sentirete mai dire la parola “ricaduta””). Ora è classificato “alto rischio” e terapie diventano molto forti. Per la prima volta vomita per ore dopo un intervento di chemio. Un giorno si sveglia e non riesce ad alzarsi in piede e poi non riesce a camminare diritto. Lo portiamo d’urgenza in ospedale, e dopo il viaggio di meno di un ora, arriviamo che è in stato confusionale e quasi senza coscienza. Ora sì che è un incubo. Ha un’encefalite da metotrexate, effetto collaterale rarissimo che, quando si risolverà, lascerà delle lesioni permanenti al cervello. Non possono più somministrare il farmaco miracolo; non ci sono più speranze di guarigione. Ora sì che le giornate diventano pesantissime e “vivere alla giornata” non è più possibile per noi genitori. Ora sì che facciamo le domande: “Cosa ha fatto questo bellissimo e vivissimo bambino per meritare questo tormento?” O, “E’ colpa nostra?, Cosa abbiamo fatto noi perché questo è ricaduto su lui?” Domande che tutti noi genitori ci chiediamo. Domanda per cui non esiste risposta, perché nessuno ha fatto niente. E semplicemente accaduto. E deve essere affrontato. Ora una nuova paura ci scuote: come sarà la fine … Vivere la malattia non è una prova di Dio per farci diventare persone migliori. I miei amici mi dicevano quando parlavano della malattia: “Quanto sei brava come mamma.” Ma non ero brava. Come tanti genitori, ho soltanto fatto quello che c’era da fare. Non ero diventata una persona “migliore”. Questo dicono di chi soffre. Non ho imparato nulla di trascendentale sulla vita. Guardate attorno, guardate gli altri genitori, non diventiamo migliori – la malattia fa semplicemente affiorare il meglio ed anche il peggio che è già in noi. Impariamo molto sulle priorità della vita. Questo sì. Impariamo ad apprezzare le piccole cose. Impariamo quanto siano insignificante le cose superficiali della vita che una volta ci turbavano tanto. Questo sembra positiva … ma impariamo anche che l’orrore può colpire qualsiasi persona, buona ed innocente che sia, e quindi impariamo la rabbia e il risentimento – la rabbia contro questo “destino”, l’invidia fino ad una specie di odio contro le tranquille famiglie “normali” e contro gli stessi bambini sani che vediamo correre nei giardini, spensierati. Impariamo la solitudine e cosa significa chiudersi in un guscio. Diventiamo più generosi verso il nostro figlio, e verso noi stessi, forse. Alcuni lo diventano verso tutti e verso tutto, ma molti diventano estremamente egoisti verso tutto ciò che non ha a che fare con il proprio figlio e la propria sofferenza. Noi li vediamo in ospedale, le famiglie così. Forse siamo così noi stessi, ma, a mio parere, se l’arrabbia e l’egoismo aiutano a sopravvivere a questo periodo, sono giusti anche essi. Mai giudicare quello che non provi. Alcuni matrimoni si rafforzano. Troppi matrimoni si disfanno. Semplicemente, questa esperienza tira fuori tutto quello che già abbiamo dentro, di positivo e di negativo, e lo esagera. Tutto sommato, ognuno di noi genitori cerca di andare avanti. Ma non i bambini. I bambini semplicemente continuano a vivere. Piangono o si lamentano quando stanno male, ed i nostri figli devono supportare più mali, e in più momenti, dei bambini sani. Più male di noi grandi. A noi genitori non ci è dato la possibilità di provare questi dolori, e di capirli. Ma quando i bambini si sentono bene, la vita li riprende, forse più che mai. E se noi lasciamo andare avanti la vita, la loro vita, e non ci fermiamo sulla loro sofferenza, non fermiamo loro, essi rinascono sorridenti ogni volta, ogni volta che finisce il stare male, con la voglia di giocare, di esplorare, dai fare programmi, di studiare. Da loro prendiamo il nostro coraggio. Noi genitori tendiamo a chiudere fuori il mondo che non ha a che fare con il nostro bambino e con la malattia. Gli altri non capiscono quello che stiamo vivendo. Gli altri non riescono veramente ad aiutarci. Tutte le belle parole di parenti e amici non possono contare quasi nulla, tranne per l’amore e la solidarietà che esprimono. Noi ci sentiamo soli davanti a questa sofferenza. Soltanto gli altri genitori della clinica possono, forse, consigliarci. E i bambini. I nostri figli che cercano comunque di vivere la vita, e richiedono il diritto di farlo. Quanto possiamo imparare noi dalla loro voglia di vivere e di sorridere, e di ridere a squarciagola! Mi affiora alla memoria Tommi con i suoi scherzi, comprati a carnevale e utilizzati tutto l’anno. Li portava in clinica per spaventare medici ed infermieri! Il barattolo di arachidi offerto all’infermiera con un sorriso malizioso, e le urle di lei quando, aprendolo, saltava fuori il serpente molleggiato. E le risate di Tommi per lo scherzo riuscito. Tommi ha vissuto quasi tre anni dopo l’encefalite, riprendendosi piano piano, continuando come poteva la sua vita, e poi, verso la fine, accumulando i periodi di sofferenza fino a lasciarsi. Tommi ha vissuto veramente questo periodo… Ha visto nascere una sorellina che adorava e che adorava lui. Lui non era più solo. Quanti giochi e quante normalissime litigate tra fratelli! E’ andato a scuola quando poteva, e ogni suo arrivo era una festa per la sua classe e per lui. Con la mano tremolante per gli esiti dell’encefalite ha imparato orgogliosamente a scrivere. Fece, a modo suo, disegni bellissimi, e disegnava quello che disegnano tutti gli altri bambini della sua età, la guerra tra i robot, la casa con l’arcobaleno, cani e gatti, leoni e giraffe. Era tanto indietro con i lavori della scuola, e la scuola aveva assegnato un’insegnante speciale che lavorava con lui, quando c’era, per qualche ora nella giornata. Quando non poteva andare a scuola per qualche malattia infettiva che girava (e girano sempre), andavamo in giro, piccole gite di qualche giorno, al mare, in montagna, e riempivamo le giornate di avventure nella natura, di città piene di storie da raccontare. A casa aveva sua sorella, bambina precoce che dopo poco tempo già giocava con lui, e un babisitter “pazzerellona”, giovanissima, che mi dava un riposo nell’arco della giornata per qualche ore, e lo faceva giocare e ridere sulle tante scemenze che lei sapeva inventare. Questa ragazza portava il sole nella nostra vita buio. Maria. Che è ancora figlia ed amica mia. La nostra vita è continuata. Perché Tommi lo meritava. Perché Tommi lo esigeva. Perché Tommi era rimasto nel pieno corrente della vita. Perché i bambini sono così, se li lasciamo vivere. Se non mettiamo davanti a loro la nostra compassione per la loro sofferenza. Se sappiamo seppellire la nostra sofferenza in un angolo della mente. Questa è la lezione della vita di un bambino con una malattia cronica, per quanto tremendo essa sia. Che vivere la vita che c’è, è tutto. Che vivere, vivere veramente, non è soltanto possibile ma è naturale. I bambini non sperano come speriamo noi. Non hanno lo stesso senso del futuro che abbiamo noi, né lo stesso senso della morte. I bambini semplicemente fanno quello che la loro natura li dice di fare. Vanno avanti, non giorno per giorno, ma vivendo e basta. Durante la malattia di mio figlio, non avevo le capacità di riflettere su quanto stava accadendo alla nostra famiglia. Non avevo informazioni. Allora, non c’erano psicologi specializzati per sostenere le famiglie. Non c’erano spazi in clinica per i genitori, e parlavamo poco tra noi. Ho vissuto questa esperienza con il mio intuito. Soltanto alla fine della nostra esperienza è stata fondata una associazioni di genitori in clinica, troppo tarde per me. Anni dopo avere perso Tommi, ho servito da Presidente della nostra Associazione Genitori per alcuni anni. Mi sono informata, mi sono formata per il ruolo che dovevo assolvere. Soltanto allora ho capito i problemi che ho affrontato e le mie reazioni. Voglio condividere qualcosa che ho appreso, ma che allora non mi era evidente. Ora capisco che i genitori, per quanto cerchino di non far vedere ai bambini i loro sentimenti, non possono nascondere ai figli che mamma e papà stanno male e hanno paura: le nostre faccie, i nostri corpi, parlano. Capita, quindi, che i nostri figli, intuendo quanto soffriamo, si sentono in colpa per questo, non vogliono vederci stare male, e cercano da parte loro di pretendere che tutto va bene, per proteggere i loro stessi genitori. Questa è una situazione pesante per i bambini. In questo modo, hanno tante domande che non possono fare e tante paure che non possono esprimere per non causare altre sofferenze ai loro genitori. C’è come una porta chiusa alle domande e ai sentimenti, e dobbiamo essere noi genitori ad aprire questa porta. E’ necessario parlare ai figli di quanto sta accadendo a loro e a noi stessi. Paradossalmente, l’evento che ci ha tolta ogni speranza ci ha regalato qualcosa per consolarci. Tommi, dopo l’encefalite, aveva una lesione cerebrale estesa - lesione che non ha tolto il suo brio, ma gli ha staccato un po’ dal mondo. Lui non sapeva cosa gli stava succedendo, e non voleva neanche sapere. Non chiedeva, andava avanti con insistenza con la sua vita che noi sapevamo non poteva essere tanto lunga. Un’altra “fortuna” nella sfortuna …non dovere affrontare con lui la sua malattia e, più tarde, i discorsi su com’è morire. Dover un giorno rispondere a queste domande mi terrorizzava, ma questo momento non è mai arrivato. Tommi starà malissimo, poi con i farmaci starà un po’ meglio, e penserà con alcuni dei suoi ultimi frasi che dopo starà ancora meglio e potrà tornare a casa. Alla fine, quando il problema di continue ospedalizzazioni incombe su di noi, arriva nella nostra famiglia la dolce Carmen, una filippina che viene a vivere con noi per aiutarci a sopravvivere dall’esaurimento e, soprattutto, per stare con la nostra piccola quando siamo assenti per ricovero in ospedale. Carmen era piena di amore per Tommi e per tutti noi, e ne avevamo bisogno. Allora nessuno aiutava le famiglie, che si dovevano arrangiare in tutto. Non c’erano associazioni di genitori in ospedale, e la società non aveva elaborato strumenti di assistenza. Per fortuna potevamo permetterci questo aiuto economicamente, sacrificando altre cose. Quanto dobbiamo a Maria e Carmen, due estranei che sono diventati parte della famiglia. Tommi ha sofferto. Tommi ha urlato la sua rabbia al mondo quando gli hanno fatto male. Tommi ha avuto paura. Ma poi Tommi ha chiesto scusa, si è calmato, è tornato a ridere. Portava in clinica sempre una scatola di robot. Dopo le aspirata midollari doveva stare fermo a letto, supino, per due ore. Queste due ore per lui erano un tormento. Un bambino deve dormire di notte, non di giorno! E quindi un immagine che rimane fissa nella mia mente è quello di Tommi, a cui avevamo avvicinato il letto di un altro bambino anche lui costretto a stare fermo. I due bambini, diventati amici per queste due ore, con i robot in mano, facevano feroci battaglie in aria, urlavano e ridevano. Quanto sconquasso portavamo in Day Hospital e durante i ricoveri! Io ricordo queste battaglie di fantasia, e non la battaglia di poco prima con l’infermiera che gli costringeva a restare fermo e gli pregava di supportare il dolore con coraggio. Ricordo le risate.. Tommi ci ha lasciato all’età di otto anni, dopo quattro anni di malattia. Quattro anni punterellati di momenti di sofferenza ma, soprattutto, riempiti di “joie di vivre” - della gioia della vita. La sua testimonianza, e la nostra di genitori per gli altri genitori, è proprio quello di immergersi nella vita che c’è, di lasciare esprimere ai bambini questa vitalità e di trovare voi stesso la dolce-amara consolazione che questo ci dà. Sia quando il bambino dovrebbe “farcela”, e oggi negli anni 2000 le speranze sono tante, sia quando sappiamo che la vita del nostro figlio sarà breve. La malattia non ci aiuta a diventare persone migliore, ma i nostri figli, sì. Noi genitori cerchiamo di vivere la vita, come ci consigliano, giorno per giorno. Quando riusciamo. I nostri figli vivono, e basta. Quando è morto Tommi, tutti i bambini della sua classe hanno contribuito ad un libro di testimonianze. Scrivano: “Tommi era il bambino più intelligente della classe” (chissà con che strumenti lui, con la mano che tremava, tanto indietro con gli studi, dava questa impressione – sarà stata la sua chiacchiera da “professore” che lo ha sempre accompagnato). Ma soprattutto: “Tommi ci faceva sempre ridere”. Quando è morto non c’era Carmen, che lo amava come fosse un fratellino suo, ma stava a casa per badare alla sorellina piccolisima. Quando, alcune ore dopo, siamo arrivati a casa e ho comunicato la notizia, Carmen, filippina spiritualista, ha detto tra le lacrime: lo sapevo, proprio in quel momento c’era odore di fiori in camera sua. Quando è morto Tommi, dopo un po’, abbiamo deciso di fare un altro bambino – anche se eravamo un po’ troppo vecchi. Volevamo un altro maschio per rimpiazzare Tommi? Non lo so, credo di sì. Ma, soprattutto, la piccola Virginia si sentiva sola e a noi mancavano i rumori che fanno due bambini in famiglia. Naturalmente è nata una femmina – ma che femmina! Ilaria, non potevi sostituire Tommaso, ma grazie di aver riempito un vuoto. Un'altra cosa che ho imparato informandomi più obiettivamente sulla situazione delle famiglie è l’importanza della solidarietà che ci offre chi veramente capisce quello che stiamo vivendo. Possono essere gli altri genitori della clinica. Parlate tra di voi. Condividere le vostre esperienze. Servirà per sentirvi meno soli. Servirà, forse, per dare o ricevere qualche consiglio prezioso. Nota: a chi leggerà queste righe, scritte tanti anni dopo, il messaggio non deve essere di disperazione. Quando è stato in cura Tommi molti bambini guarivano rispetto a soltanto pochi decenni prima quando queste erano malattie senza speranza. Il 45% dei bambini con leucemia guarivano. Ma troppi non ce la facevano. Ora di leucemia guariscono la maggiore parte dei bambini. Forse Tommi, oggi, sarebbe tra di loro. Oggi i genitori colpiti dalla diagnosi devono credere nella guarigione. E mentre fanno la dura lotta insieme ai loro figli, devono vivere in pieno la vita, questo dono meraviglioso che tutti noi abbiamo, per quanto sia lunga o breve.


OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:31


Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche La malattia: diagnosi, terapie, guarigione .







Diagnosi

Una precoce e accurata diagnosi è fondamentale per scegliere ed iniziare la terapia, che è specifica per ogni tipo tumorale. La sensibilizzazione e l'aggiornamento dei medici di base nel riconoscere da determinati sintomi la possibilità che ci possa essere una patologia oncologica in atto, e nel sapere dove riferire il piccolo paziente, è necessario per anticipare la diagnosi ed iniziare presto la terapia.

Alcuni strumenti moderni come l'ecotomografia, la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la Tomografia assiale computerizzata (TAC) si sono dimostrati essenziali per l'iter diagnostico. Le nuove tecniche di valutazione istopatologica delle cellule del tumore, con l'impiego di indagini citogenetiche e biomolecolari, permettono di identificare, nell'ambito di uno stesso tipo di tumore, dei sottogruppi a diverso comportamento biologico, la cui identificazione consente di attuare una terapia sempre più mirata ed efficace.

Le Terapie


Le terapie sono combinazioni, secondo il tipo tumorale, di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, a cui è stata aggiunta negli ultimi anni la possibilità di trapianto di midollo osseo. Tutte queste terapie sono raggruppate in un disegno terapeutico specifico per ogni bambino chiamato "protocollo".

La chemioterapia.

I farmaci chemioterapici interferiscono con le capacità delle cellule tumorali di dividere e riprodursi. La chemioterapia è, di solito, una "multichemioterapia" cioè non si utilizza un unico farmaco antitumorale ma una combinazione di farmaci, pratica che si è dimostrata essenziale per debellare le cellule tumorali e distruggere il tumore. Questi farmaci colpiscono cellule in rapida crescita, quindi colpiscono in particolare le cellule tumorali, caratterizzate da una crescita rapidissima e incontrollata, ma colpiscono, seppure in misura minore, anche le cellule del corpo che si moltiplicano con un certo ritmo (mucose di bocca e vie digestive, midollo osseo, follicoli piliferi). Questa spiega certi effetti collaterali, ad esempio la caduta dei capelli e l'abbassamento dei valori del sangue (diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) con susseguente anemia, leucopenia (tendenza ad infezione) e piastrinopenia (minor coagulazione del sangue) durante la terapia. Tuttavia le cellule normali sono in grado di difendersi dal danno, a differenza delle cellule tumorali, e gli effetti collaterali immediati o a breve distanza scompaiono dopo la sospensione della terapia. Alcuni composti hanno anche potenziali effetti tossici sugli organi, e causano, in alcuni casi, effetti collaterali a lungo termine che si sviluppano anche molto tempo dopo la sospensione delle terapie e richiedono controlli regolari dei pazienti anche quando sono fuori terapia o guariti. Alcuni di questi controlli devono continuare nell'età adulta, per evidenziare tempestivamente gli effetti tardivi della terapia ed intervenire in tempi rapidi. La moderna ricerca, oltre a valutare gli effetti di molecole nuove, mira a modificare la combinazione, il dosaggio e i tempi di somministrazione dei farmaci in uso per ottenere l'effetto migliore con minori effetti negativi immediati e a distanza.

La radioterapia

E' di fondamentale importanza nella cura dei tumori pediatrici, anche se è stata riconsiderata rispetto al passato. Infatti, in alcuni pazienti guariti dal tumore può provocare, a distanza di anni, in rapporto all'area irradiata, danni somatici, danni alla crescita e allo sviluppo psico-intellettiva o danni alle funzioni endocrine. E' quindi impiegata con cautela e con tecniche più sofisticate che mirano a ridurre il rischio di effetti collaterali e di un secondo tumore radio-indotto.

La chirurgia

Mantiene un ruolo fondamentale nella terapia dei tumori pediatrici, anche se oggi è inserita in protocolli di cura in cui è associata alla chemioterapia e, a seconda del caso, alla radioterapia. Ciò consente al paziente di arrivare all'intervento quando il volume del tumore è già stato ridotto per effetto della chemioterapia +/- radioterapia, con maggiori possibilità di una asportazione completa e minore necessità di interventi demolitivi su organi e tessuti vitali. Nei sarcomi ossei, ad esempio, interventi di amputazione di arti sono sempre più rari, ed è spesso possibile la ricostruzione della parte mancante e la ripresa della funzionalità dell'arto.

Il trapianto di midollo osseo (TMO)

Il midollo osseo, cioè la sostanza gelatinosa all'interno delle ossa, è la sede dove vengono prodotte, da "cellule staminali" immature, le cellule mature del sangue, che non hanno vita infinita ma sono costantemente ricambiate con cellule nuove. Il "tumore" delle cellule del midollo osseo (Leucemia) non è solido, ma colpisce lo spazio midollare delle ossa, da cui le cellule malate sono rilasciate nel sangue. L'intervento di trapianto di midollo osseo consiste nella distruzione completa del midollo osseo del paziente, infarcito di cellule leucemiche malate e incapace quindi di funzionare, e la sua sostituzione con cellule staminali di midollo osseo da donatore compatibile. Le cellule midollari sane vengono aspirate dalle ossa del bacino del donatore e infuse nel paziente per trasfusione, e vanno a collocarsi naturalmente nella propria sede, costruendo nuovo materiale midollare, sano. Il midollo osseo tolto al donatore si ricostruisce entro pochi giorni.

Una nuova tecnica sviluppata in Italia a Perugia permette il trapianto di midollo osseo prelevato da un genitore, perfettamente compatibile per il 50% del corredo genetico.

E' anche possibile prelevare le cellule staminali dal sangue circolante del donatore. In questo caso, bisogna che il donatore esegua per qualche giorno un trattamento con un farmaco (Fattore di crescita granulocitario, G-CSF) che stimola la liberazione delle cellule staminali dal midollo nel sangue. Il donatore viene poi sottoposto ad "aferesi di cellule staminali", che è un prelievo simile ad una donazione di plasma o di piastrine, nel quale però sono raccolte cellule staminali che verranno poi infuse al paziente come avviene per il midollo.

La tecnica del trapianto di midollo osseo non è utilizzata soltanto per le leucemie, ma fornisce uno strumento per poter utilizzare, per i tumori solidi, terapie ad alte dosi che tendono a distruggere non soltanto il tumore ma il midollo osseo stesso del paziente (anche le cellule staminali sono cellule in rapida crescita). Il prelievo e la conservazione, prima dell'inizio della chemioterapia, di midollo osseo dal paziente , o di cellule staminali che circolano anche nel suo sangue periferico (aferesi), permette più tardi una reinfusione di queste cellule e il ripristino della funzione del midollo osseo del paziente, svuotato dalla chemioterapia (trapianto autologo o autotrapianto).

Il trapianto di midollo osseo da donatore ( trapianto allogenico ) è possibile soltanto se vi è un donatore "compatibile", cioè con le stesse caratteristiche genetiche del paziente.

Statisticamente, un fratello su 4 è compatibile. Mancando un fratello compatibile, è possibile ricercare un donatore non-familiare idoneo nella banca dati mondiale dei donatori volontari di midollo osseo. Attualmente la banca comprende oltre 10 milioni di potenziali donatori nel mondo. In Italia, grazie al lavoro di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), nel Registro donatori (Italian Bone Marrow Donor Registry, IBMDR) vi sono oltre 300.000 iscritti tipizzati. . Inoltre, vi è oggi la possibilità di utilizzare per il trapianto le cellule staminali molto immature che si trovano nel sangue placentare di neonati e che possono essere raccolte dal cordone ombelicale dopo il parto e crioconservate. Queste cellule sono una alternativa alle cellule del midollo osseo maturo o alle cellule staminali circolanti e possono essere utilizzate per il trapianto soprattutto in bambini, perché sono in quantità limitata. L'iscrizione nelle liste di donatori di midollo osseo e la donazione di cordone e placenta da parte di nuove mamme sono atti altruistici essenziali per salvare la vita di tante persone, spesso bambini.

Tuttavia, è bene tenere presente che il trapianto non può ottenere dei risultati miracolosi. In realtà è una terapia molto pesante con molti rischi e potenziali effetti collaterali gravi, per cui va intrapreso soltanto in casi selezionati, nei quali la terapia convenzionale non offre possibilità di guarigione

Le nuove terapie: le Terapie Biomolecolari

Si tratta dello sviluppo di farmaci "intelligenti", in grado di colpire e distruggere le cellule cancerose senza danneggiare le cellule sane e, quindi, senza tossicità collaterale. Per questa nuova categoria di farmaci non è stato trovato casualmente l'effetto antitumorale, come per molti farmaci antitumorali di vecchia generazione, ma è il risultato di una progettazione razionale di nuove specifiche molecole. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie molecole proteiche che non sono presenti in nessuna cellula sana del corpo. Sono proteine tumorali. Le proteine sono prodotte dai geni che costituiscono il DNA della cellula, e quindi queste proteine anomale esprimono la presenza di un gene alterato che ha causato la trasformazione della cellula normale in una cellula che, moltiplicandosi rapidamente e senza fine, è causa del tumore e della sua capacità di infiltrare il corpo. I nuovi farmaci sono molecole capaci di identificare una determinata proteina sulla superficie delle cellule malate; si legano quindi a queste cellule e agiscono sul gene mutato del DNA cellulare, bloccando la sua funzione. Prendono a bersaglio soltanto le cellule malate. Non danneggiano le cellule sane che non possiedono queste proteine. In molti laboratori di biologia molecolare in tutto il mondo, incluso l'Italia, sono in corso di sviluppo e di sperimentazione queste nuove molecole, in particolare per i tumori resistenti alle terapie tradizionali. Qualche molecola per qualche tipo tumorale specifico è già in sperimentazione anche nei bambini. Queste terapie saranno il futuro per la cura del cancro.

Le nuove terapie: Le Immunoterapie

L'immunoterapia funziona utilizzando il sistema immunitario del paziente, cioè quel sistema composto di linfonodi, milza, tonsille, midollo osseo e cellule bianche del sangue che proteggono contro infezioni e malattie. Come la chemioterapia, può essere utilizzata per combattere il cancro. Mentre la chemioterapia aggredisce le cellule tumorali direttamente, l'immunoterapia agisce stimolando o facilitando il sistema immunitario che viene così ingaggiato nella lotta contro le cellule tumorali.

Gli scienziati non capiscono del tutto in che modo l'immunoterapia assiste il sistema immunitario, ma pensano che

ferma o rallenta la crescita delle cellule tumorali
potenzia il sistema immunitario nella distruzione o nell'eliminazione delle cellule tumorali
ferma la diffusione del tumore in altre parti del corpo.
Il sistema immunitario lavora distinguendo cellule "buone" che fanno parte della salute del corpo e cellule "cattive" che portano malattie, distruggendo queste ultime cellule e difendendo l'organismo. Ma a volte questo meccanismo non funziona. Gli scienziati fanno ricerche per capire perché il sistema immunitario, che fa sì che molte cellule mutate, che potrebbero col tempo trasformarsi in cellule tumorali, vengono distrutte subito, non riesce ad impedire lo sviluppo delle cellule che causano il tumore. I farmaci utilizzati in immunoterapia si sono mostrati capaci di aiutare il sistema immunitario a fare questo lavoro. L'immunoterapia può essere utilizzata da sola, per alcuni tumori, o, più spesso, insieme alla chemioterapia per distruggere il tumore o alleviare certi effetti collaterali dei farmaci antitumorali come, ad esempio, la tendenza a contrarre infezioni.



Le sperimentazioni cliniche

Nell'affrontare il problema delle sperimentazioni cliniche in oncologia pediatrica, è importante realizzare che nei Paesi dove c'è un buon accesso dei bambini alle sperimentazioni, aumenta la percentuale di guarigioni per tutti i bambini nell'insieme relativamente a tutte le patologie oncologiche. L'AIEOP, attraverso la sua rete di Centri, è attivamente coinvolto in moltissime sperimentazioni cliniche sia a livello nazionale che internazionale.

Le sperimentazioni possono riguardare nuovi farmaci, in particolare la nuova generazione di farmaci che operano a livello molecolare, o farmaci già in uso, sperimentando nuove combinazioni, diversi dosaggi e diversi tempi di somministrazione alla ricerca di protocolli di cura sempre più efficaci e meno tossici.

I farmaci nuovi sono sperimentati prima in laboratorio, per studiare gli effetti sui vari tipi di tumore in vitro ed in animali da laboratorio. Le prime sperimentazioni a livello clinico (sulle persone) avvengono sugli adulti, e una volta confermata l'efficacia e controllata l'eventuale tossicità possono essere messi a disposizione dei bambini per determinare efficacia e dosaggio minimo. Queste prime sperimentazioni (fase I) reclutano malati che non hanno altre possibilità di cura. Ulteriori livelli di sperimentazione (fasi II e III) mettono a confronto protocolli sperimentali con protocolli standard, per affinare l'uso dei farmaci relativamente a dosaggio e tempo di somministrazione e determinare quale protocollo da migliori effetti di efficacia e più bassa tossicità. I bambini non sono quasi mai inseriti in studi di fase I, e le sperimentazioni in pediatria vengono effettuate sulla base dei risultati di studi di fase I e II condotti su adulti.

Un Comitato Etico autorizza l'esecuzione di ogni protocollo sperimentale e ne controlla l'andamento . E' essenziale che i genitori siano correttamente informati sul protocollo di sperimentazione a cui il proprio figlio è sottoposto e che esprimano il loro consenso (consenso informato). I genitori possono temere, nel firmare il consenso, di perdere il controllo sulle cure del proprio figlio, dando un permesso illimitato ai medici: in realtà la partecipazione ad un protocollo sperimentale può offrire ai bambini delle possibilità in più, e, d'altra parte, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento da parte dei genitori. La firma del consenso informato avviene al termine di un colloquio con i medici, durante il quale sono spiegate le modalità del trattamento, i possibili rischi, i risultati attesi. I genitori devono sentirsi liberi di porre domande e di chiedere chiarimenti se non hanno compreso qualcosa.

La Guarigione

Le percentuali di guarigione dei tumori nei bambini , nel mondo progredito, variano secondo la patologia, arrivando al 90 % per alcune forme, mentre per altre le percentuali sono molto più basse. Una intensa attività di ricerca per queste forme resistenti alle terapie è in atto in tutto il mondo, e l'Italia partecipa in pieno a questa attività.

COSA SIGNIFICA GUARIRE? Una percentuale molto elevata di bambini sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi, e ancora più elevata tra i bambini sopravviventi a 10 anni, non si ammala più del tumore che è stato curato e questi bambini possono essere dichiarati "guariti". "Guarito" significa che si ha la stessa probabilità di riammalarsi della malattia di quella della popolazione normale (cioè quasi nessuno, essendo queste malattie rare). Significa che la malattia pregressa è andata via, e il bambino può riprendere la sua vita normale.

Possono rimanere degli esiti delle terapie, come, ad esempio, una amputazione per la terapia chirurgica, o la sterilità per certi tipi di radioterapia, o un problema cardiaco per qualche chemioterapico, e possono svilupparsi negli anni, in alcuni dei giovani guariti dal tumore infantile, altri effetti collaterali negativi, ma la malattia non c'è più. I giovani guariti devono prendere la responsabilità di sottoporsi a controlli regolari per evidenziare precocemente eventuali effetti a lunga distanza. Come per tutti, a maggior ragione per un soggetto guarito da un tumore da bambino è indicato uno stile di vita "sano" (evitare fumo, alcolici, eccessi alimentari).


Come per tutte le persone, può insorgere più avanti un altro tumore. Questi tumori sono diversi dal tumore curato in infanzia, e le probabilità di avere un altro tumore più avanti nella vita sono soltanto un pò più elevate della popolazione normale. La maggiore parte dei bambini guariti sta bene in ogni senso.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:32



Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche FAQ: Le domande più frequenti che si pongono i genitori .






FAQ: Le domande più frequenti che si pongono i genitori
Il Dr. Richard O’Reilly, Direttore di Pediatria e del Servizio di Trapianto di Midollo Osseo della Sloan-Kettering Institute (USA), risponde alle domande che i genitori dei bambini malati si pongono più spesso.

Foto by oberazzi con licenza Creative Commons

1. Perché è successo questo a nostro figlio? E’ colpa nostra?

Non sappiamo ancora tutto sulle cause del cancro in età pediatrica, ma oggigiorno sappiamo moltissimo. Un fatto da tenere a mente è che sono rarissime le forme tumorali genetiche, che passano dai genitori ai figli. I genitori spesso si sentono responsabili per la malattia che ha colpito il loro bambino. Per quasi tutte le forme di cancro infantile, non hanno nessuna responsabilità.

2. Gli altri nostri figli possono prendere il cancro?

Di nuovo, i tumori geneticamente determinati nei bambini sono rarissimi. Le probabilità che si sviluppi un tumore in un altro bambino della famiglia è molto raro. Per la grande maggioranza dei tumori nei bambini, non esiste evidenza di una particolare predisposizione genetica.

3. Cosa possiamo aspettarci dalle terapie?

I genitori devono sapere che l’approccio alle terapie e molto migliorato negli ultimi anni. Ora, con le terapie moderne, più di 70% dei bambini guariranno. Le percentuali di guarigione specifiche per ogni tumore possono essere di più o di meno secondo il tipo di tumore e lo stadio alla diagnosi. Una priorità dei medici è di mantenere il più possibile la qualità di vita del bambino durante le terapie. Ad esempio, molte terapie possono essere somministrati in Day Hospital, evitando il ricovero. Molti nuovi metodi sono stati sviluppati per diminuire gli effetti negativi della terapia, incluso cateteri venosi centrali per evitare di forare continuamente il bambino, e nuovi farmaci che prevengono le lesioni delle mucose della bocca e aiutano a ricuperare un adeguato livello delle cellule del sangue. In più, ora esistono nuovi farmaci che combattono la nausea e evitano il vomito. L’alimentazione totale per via parenterale evita il calo di peso,. L’uso di antibiotici riduce il problema di infezioni. Un farmaco chiamato G-CSF aumenta il conto dei globuli bianchi dei bambini sottoposti a chemioterapia. Nuovi metodi per salvare gli arti fanno una enorme differenza per i bambini con tumori ossei. Il risultato è che i chirurgi, ora, fanno molte amputazioni in meno. Tutto questo non significa che il bambino avrà vita facile durante questo periodo, perché avere un tumore non è facile. Non c’è dubbio che le terapie moderne che guariscono il cancro richiedono trattamenti intensivi, e che questi trattamenti possono essere tossici. Ma quasi tutti gli effetti negativi immediati sono reversibili, una volta finito la terapia.

4. Nostro figlio potrà vivere una vita normale alla fine delle terapie?

I bambini rispondono enormemente bene alle terapie. La risposta è sì.

5. Che effetti avranno le terapie per il tumore sulla crescita e sullo sviluppo del nostro figlio?

Alcune terapie possono incidere sulla crescita, ma si sono fatti molti aggiustamenti nelle modalità di fare le terapie per cercare di ridurre questi effetti negativi. Programmi sono in atto per i giovani guariti da tumore infantile per controllare nel tempo il loro stato di salute, dare loro i consigli per rimanere in salute e raccogliere dati che loro riportano sugli eventuali effetti negativi a lunga distanza che hanno subito. Questo continuo aggiornamento serve per studiare nuove tecniche atte ad evitare o diminuire le complicanze.

6. I bambini col cancro guariscono veramente?

La risposta è sì, sì, sì!

7.Cosa significa “guarito”?

Significa che questi bambini crescono e diventano adulti sani, e potranno avere anche loro dei figli.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:33


Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche I soggetti "fuori terapia" e la guarigione .



Informazioni Mediche



I soggetti "fuori terapia" e la guarigione
I dati di AIEOP, l'associazione italiana emato-oncologia pediatrica, in una relazione del dott. Andrea Pession, presidente AIEOP.
L’AEIOP, attraverso il ROT (Registry Off Therapy, ovvero Registro dei Fuori Terapia) si propone di monitorare il destino dei soggetti che, avendo contratto una neoplasia maligna in eta pediatrica (0-15 anni), hanno raggiunto il traguardo della sospensione elettiva del trattamento antineoplastico. Questa preziosa fonte di informazione raccoglie ad oggi oltre 6600 soggetti fuori terapia, registrati e seguiti da 40 Centri di onco-ematologia pediatrica in Italia. Il contenuto informativo di questa base di dati è relativo all’evoluzione della malattia oltre che alla qualità di vita a lungo termine (1,2).

Attraverso questo strumento è dunque possibile valutare in maniera precisa alcuni indicatori del destino di questi bambini. Tra questi, la probabilità di sopravvivenza è senza dubbio il più consistente. Nell’analisi più recente, su 6041 soggetti valutabili dopo un periodo di osservazione variabile da un minimo di 4 ad un massimo di 34 anni (mediamente 11 anni), la probabilità di sopravvivenza a 20 anni dallo stop terapia è stata del 80.7%.

Valutando questo dato per le diverse patologie, si registrano le seguenti probabilità di sopravivvenza a 20 anni:

• Tumore di Wilms 92.2%
• Linfomi non Hodgkin 91.3%
• Linfomi di Hodgkin 87.7%
• Neuroblastoma 82.3%
• Leucemia Acuta Linfoblastica 81.5%
• Tumori Sistema Nervosa Centrale 43.8%
Per le seguenti patologie, la probabilità di sopravvivenza è valutabile solo a 15 anni dopo lo stop terapia:

• Sarcomi dei Tessuti Molli 72.1%
• Leucemia Acuta non Linfoblastica 63.5%
Complessivamente, la maggior parte dei decessi (634 su 890 deceduti, sul totale circa 6600 registrati nel ROT) occorrono entro i primi 5 anni fuori terapia, e la ricomparsa della malattia ne è responsabile nel 90.2% dei casi.

Oltre i 5 anni fuori terapia, sono estremamente rari i casi di ricomparsa della malattia originaria. Altre cause di morte sono rappresentate da una seconda neoplasia maligna (6.5%), malattia infettiva (2.2%), patologia cardio-polmonare (2.2%), incidenti (1.3%), e patologie neurologiche (1.0%).

Al di la di questi dati, il 70% dei casi trattati viene curato con successo, e ciò comporta un incremento rilevanti del numero di soggetti che diventano adulti (3). Per questa ragione, un’attenzione particolare dovrebbe essere posta nell’organizzazione di un ambulatorio dei soggetti guariti. Nell’organizzare questo servizio sono da tenere presenti:

1. la necessità di un approccio integrato e multidisciplinare con l’internista ed altri specialisti d’organo e apparato dell’adulto;
2. la necessità di un periodo di osservazione molto lungo (20.25 anni);
3. la necessità di un approccio assolutamente personalizzato;
4. l’opportunità di un coinvolgimento attivo e responsabile del pediatra/medico di famiglia; il rischio per il soggetto di una eccessiva medicalizzazione con conseguente ansietà, paura e esasperazione.
In conclusione, la maggior parte dei bambini/ragazzi guariti dal cancro ha una normale qualità di vita e dimostra una buona capacità di reinserimento nella vita sociale ed affettiva. Per alcuni di loro, i danni tardivi della terapia che li ha salvati rappresentano il prezzo del successo; di loro dobbiamo occuparci ridefinendo il nostro ruolo e la nostra organizzazione assistenziale.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:35

TUMORI DAI 15 AI 19 ANNI

Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche Il tumore in età adolescenziale - 15-19 anni .


Il tumore in età adolescenziale - 15-19 anni
Ogni anno, in Italia, si ammalano di cancro circa 700 adolescenti. Ecco alcune informazioni essenziali sul tema.

Ogni anno, in Italia, si ammalano di cancro circa 700 adolescenti. Le forme sono diverse da quelle del cancro infantile, e diversa è la prognosi globale.

Alcune statistiche: vi è una minore incidenza di casi tipicamente infantili, ad esempio, le leucemie, che costituiscono soltanto il 10% dei tumori in adolescenza, e un aumento di linfomi e di tumori tipici dell’adulto, quali varie forme di carcinoma. Aumenta, inoltre, l’incidenza complessiva dei tumori. Mentre l’80% dei bambini viene curato presso i Centri AIEOP, soltanto il 25% degli adolescenti usufruisce di questa possibilità. Gli altri vengono riferiti ai centri per gli adulti. I dati dicono, invece, che gli adolescenti hanno una migliore possibilità di sopravvivenza quando sono trattati con protocolli pediatrici.

In genere, si può dire che i tumori in adolescenza vanno curati con protocolli pediatrici quando sono del tipo pediatrico e con protocolli per gli adulti quando sono del tipo adulto, e quindi che sarebbe necessaria una stretta collaborazione tra medici per gli adulti e medici pediatri quando si curano i tumori che insorgono in adolescenza. In molti paesi si stanno sviluppando, negli ultimi anni, specifici centri di oncologia per gli adolescenti, anche per potere dare il giusto supporto psicologico per una età che è a cavallo tra l’infanzia e l’essere adulto.

Le percentuali di guarigione negli adolescenti sono più basse rispetto ai bambini per vari motivi. Infatti, la diagnosi è spesso tardiva perché gli adolescenti seguono da sé le loro condizioni di salute e hanno un particolare pudore che li porta non volere ammettere i sintomi e, quindi, ad andare dal medico molto più tardi. I loro tumori non sono più aggressivi dei tumori infantili, ma piuttosto sono curati male per le difficoltà di pediatri a trattare i tumori degli adulti e di oncologi per gli adulti a curare i tumori infantili.

Il motivo principale per cui gli adolescenti sono curati meglio in centri pediatrici è perché accedono ai molti protocolli sperimentali in atto presso questi centri, mentre nei centri di oncologia per gli adulti, i minori non sono arruolati nei protocolli sperimentali.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:36


Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche Linee guida per l'Oncologia Pediatrica .




Linee guida per l'Oncologia Pediatrica


Le Linee Guida per l’Oncoematologia Pediatrica, dopo un lungo percorso elaborativo, sono state pubblicate nel 1999 e messe a disposizione delle Regioni, responsabili per la realizzazione di un servizio di assistenza ottimale secondo i criteri definiti, e di tutte le forze che si adoperano per migliorare la qualità del servizio offerto ai bambini oncologici e alle loro famiglie.

Le Linee Guida propongono una razionalizzazione del servizio di Oncologia Pediatrica a livello di ogni singola Regione e quindi sull’intero territorio nazionale. Questo percorso dovrà portare non soltanto a migliorare le offerte assistenziali in ogni territorio, riducendo i "viaggi della speranza", ma permettere un migliore utilizzo delle risorse disponibili.

Foto by nicholaslaughlin con licenza Creative Commons

7-10-1999 - GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Serie generale n. 236

MINISTERO DELLA SANITÀ
DIPARTIMENTO DELLA PREVENZIONE
COMMISSIONE ONCOLOGICA NAZIONALE
Linee guida per l’oncoematologia pediatrica

PREMESSA

La promozione della salute è l’obiettivo principale del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998\2000. Un sistema di servizi sanitari equo ed efficace, la garanzia di uguali opportunità di accesso agli stessi, rappresentano un elemento basilare per la fruizione del diritto alla salute. Al fine di uniformare e migliorare l’assistenza su tutto il territorio nazionale, il Ministero della sanità, ha individuato nella produzione e diffusione di linee guida un valido strumento attraverso cui fornire alle amministrazioni regionali indicazioni idonee per la realizzazione ed il monitoraggio degli obiettivi prioritari di salute.

Tra le strategie di intervento indicate dal Piano per l’attuazione dell’obiettivo relativo all’infanzia-adolescenza, con particolare riferimento alla riorganizzazione della rete oncologica, figura la razionalizzazione dell’assistenza in età pediatrica, da perseguirsi tramite il coordinamento e l’integrazione dell’assistenza ospedaliera con l’offerta di servizi distrettuali e la valorizzazione del pediatra di famiglia.La riorganizzazione e l’adeguamento delle strutture pediatriche territoriali devono essere valutati tenuto conto che:

Nei paesi industrializzati, il cancro rappresenta la prima causa di morte per malattia nella fascia di età 1 – 15 anni;
Le neoplasie in età pediatrica rappresentano una patologia rara, infatti l’atteso in Italia è di 1450 nuovi casi per anno, in soggetti di età inferiore ai 15 anni;
La mortalità per tumore si riduce in rapporto alla qualità degli interventi. Nei centri con larga esperienza si ottiene attualmente la guarigione del 70% dei piccoli pazienti;
Un ottimale intervento terapeutico si realizza attraverso una strategia multidisciplinare, attuabile preferibilmente presso grandi aziende ospedaliere, grandi Policlinici o IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) dove operano, in maniera integrata e transdisciplinare: pediatri esperti in oncoematologia, chirurghi, biologi, radioterapisti, patologi, radiologi, microbiologi, trasfusionalisti, specialisti d’organo o di apparati, nonché epidemiologi, statistici ed informatici e psicologi.
L’OMS ha definito i criteri, in termine di personale e di strutture, per la realizzazione dei presidi di oncoematologia pediatrica, definendo come ottimale un centro ogni 4-5 milioni di abitanti.

PRINCIPI ORGANIZZATIVI

E’ prerogativa delle regioni definire, neI proprio territorio, principi organizzativi, caratteristiche e distribuzione territoriale delle strutture e loro numero anche in rapporto a:

• caratteristiche epidemiologiche;
• realtà già operanti;
• priorità locali.
L’oganizzazione dell’oncoematologia pediatrica deve garantire, ad ogni livello, il coordinamento di tutte le attività ed iniziative regionali. Per raggiungere questo obiettivo è opportuno che sia attuato un coordinamento regionale o interregionale, in caso di presidi a valenza multiregionale.

Per riorganizzare in maniera integrata i servizi, che si occupano di diagnosi e terapia nel settore dell’oncoematologia pediatrica e trapianto emopoietico, al fine di fornire prestazioni qualitativamente elevate ed economicamente convenienti, devono essere rispettati alcuni presupposti irrinunciabili attuali quali:

coordinamento nazionale, nel rispetto delle realtà già operanti, per mantenere uniformità sul territorio nazionale, rispetto alle procedure relative a programmi di diagnosi e terapia;
coordinamento e potenziamento dei programmi di aggiornamento ed educazione permanente del personale medico ed infermieristico;
partecipazione integrata di varie competenze alla programmazione delle attività dei servizi;
sviluppo di programmi per la verifica e la revisione della qualità delle prestazioni fornite.
Si raccomanda fortemente che, nelle regioni, in cui è presente un Centro di oncoematologia pediatrica e trapianto emopoietico di riferimento, sia inserita, nell’ambito della Commissione Oncologica Regionale, una figura di riferimento per l’oncoematologia pediatrica ed il trapianto emopoietico.

Le attività assistenziali al bambino con malattia oncoematologica o sottoposto a trapianto emopoietico, sono garantite attraverso i livelli di assistenza previsti dal Piano sanitario Nazionale 1998-2000, con le priorità indicate e con particolare riferimento a:

assistenza sanitaria di base e specialistica;
assistenza integrata in Aziende USL;
assistenza integrata in Aziende Ospedaliere e\o Policlinici Universitari;¨
IRCCS.
Sono previsti, a diversi livelli e con programmazione graduale, interventi di assistenza e prevenzione, tenuto conto delle figure professionali presenti, delle strutture disponibili e del loro impiego ottimale. Gli interventi che dovranno essere integrati tra i diversi livelli riguardano diagnosi, trattamento, follow-up, riabilitazione, assistenza domiciliare, prevenzione primaria e secondaria.

1. Assistenza sanitaria di base e specialistica

A) Il pediatra di base, nell’ambito della specifica attività clinica prevista dagli accordi collettivi nazionali e regionali, interagisce con le strutture oncoematologiche pediatriche del territorio e dei presidi ospedalieri che, a vario titolo, sono coinvolti nell’assistenza in oncoematologia pediatrica. Ad esso vanno affidati i seguenti compiti:

¨ attività clinica, finalizzata alla diagnosi tempestiva ed alla collaborazione con i medici dei presidi ospedalieri, nel corso della stadiazione e delle fasi della terapia e del follow-up;
¨ assistenza domiciliare prevista nei presidi sociosanitari dalle Aziende USL;
¨ attività clinica finalizzata al monitoraggio ed alla diagnosi tempestiva nei gruppi di soggetti a rischio.
B) I Presidi sociosanitari delle Aziende USL si configurano come strutture di tipo ambulatoriale o consultoriale, con funzioni di filtro ed indirizzo per specifici percorsi assistenziali della popolazione in età pediatrica, dei soggetti lungo sopravviventi o malati cronici, verso i servizi specialistici degli stessi distretti o yerso strutture specialistiche non solo pediatriche. Compiti dell’assistenza sarntaria di base e specialistica sono:

¨ Diagnosi tempestiva in soggetti sintomatici;
¨ Monitoraggio dei gruppi a rischio.
2. Assistenza integrata in Presidi Ospedalieri di Aziende USL ed Ospedaliere Le Unità satelliti (U.S.)

Presso i Presidi di Aziende USL e ospedaliere va attivata una rete di U.S. composta da reparti\divisioni di pediatria, ematologia od oncologia (che potranno coincidere, laddove già esistenti, con i poli oncologici o dipartimenti oncologici, secondo quanto indicato dalle Linee Guida pubblicate da questo dicastero sulla Gazzetta Ufficiale n0 42 del 20\2\1996).

Partecipano altresì alle U.S. i servizi di diagnostica strumentale e di laboratorio, immunoterapia e trasfusione, assistenza sanitaria e sociale.La U.S. deve essere dotata di posti letto in degenza a ciclo continuo, ed a ciclo diurno, adeguati per un ottimale svolgimento delle attività.Compiti delle U.S. sono la realizzazione del programma terapeutico e di monitoraggio, secondo i protocolli nazionali ed in sintonia con le indicazioni del Centro Oncoematologico Pediatrico di Riferimento.

3. Assistenza integrata in Aziende Ospedaliere e\o Policlinici Universitari Centro Oncoematologico Pediatrico di Riferimento (COPR)

Deve essere garantito almeno un COPR per un bacino d’utenza intorno ai 4 milioni di abitanti. Il COPR deve essere inserito in ambito pediatrico e deve comprendere reparti\divisioni di oncoematologia pediatrica, chirurgie generai e specialistiche, servizi di radioterapia, collocati in modo tale da garantire una effettiva attività integrata.

Partecipano altresì al COPR i servizi di diagnostica strumentale e di laboratorio, anestesia e rianimazione, di immunoematologia e trasfusionali, di anatomia patologica, psicologia, assistenza sanitaria e sociale.

Il COPR deve essere dotato di posti letto in degenza a ciclo continuo ed a ciclo diurno, nonché di una unità di trapianto emopoietico, adeguati per un ottimale svolgimento delle attività. Compiti del COPR sono:

A) provvedere al coordinamento delle attività assistenziali e scientifiche attraverso:

Adozione di protocolli diagnostici e terapeutici comuni;
Anagrafe e monitoraggio dell’attività di sperimentazione clinica;
Pianificazione e programmazione di studi epidemiologici, biologici e di verifiche cliniche comparative attraverso la collaborazione con enti nazionali ed internazionali;
Identificazione di opportune risorse e consulenze territoriali per interventi riabilitativi fisici, psicologici e sociali, come parte del trattamento globale, in collaborazione con i familiari;
Organizzazione di specifici corsi, stage, seminari per la formazione e l’aggiornamento del personale;
Identificazione dei nuclei familiari con bambini con particolari anomalie congenite o genetiche o con immunodeficienze a rischio di sviluppare tumori;
Organizzazione di incontri programmati con le locali associazioni di genitori per promuovere l’attività educativa dei familiari e dei pazienti;
Istituzione di specifiche iniziative periferiche per la promozione delle attività di educazione oncologica pediatrica nel territorio;
Verifica delle richieste di migrazione sanitaria.
B) ricevere i nuovi pazienti per la registrazione, la stadiazione diagnostica ed il piano di trattamento, che sarà attuato, in rapporto alla complessità del programma clinico terapeutico ed alle esigenze dei familiari, presso il centro stesso o in una U.S. o al domicilio.

C) provvedere all’attuazione dei programmi terapeutici comprendenti il trapianto emopoietico o di cellule staminali da donatore, favorendo ed interagendo con le strutture territoriali nazionali ed internazionali per la promozione della donazione di cellule staminali midollari, cordonali o periferiche.

D) coinvolgere attivamente i servizi territoriali nella gestione domiciliare del paziente oncologioco e nella sorveglianza degli effetti tardivi del trattamento e della malattia, attraverso la presa in carico dei pazienti, al fine di valutare l’inserimento scolastico e sociale, l’idoneità sportiva e l’avvio alla attività lavorativa.

E) pilotare il passaggio dei pazienti ai servizi della medicina di base, per consentire successivamente la verifica delle conseguenze tardive, che possono manifestarsi anche dopo molti anni dalla sospensione dei trattamenti.

4. Centro Oncoematologico Pediatrico di Riferimento Regionale (COPRRe)

E’ raccomandata la costituzione a livello regionale o interregionale, per regioni limitrofe, di un COPRRe. Oltre a svolgere i compiti COPR questa entità deve farsi carico delle seguenti funzioni:

Supporto organizzativo alle attività svolte dai presidi esistenti sul territorio di competenza;
Verifica delle richieste di migrazione sanitaria; Anagrafe e monitoraggio dell’attività di sperimentazione clinica;
Osservatorio degli interventi di prevenzione.
In mancanza di costituzione di COPRRe le competenze e le funzioni saranno acquisite da un centro COPR, competente per territorio limitrofo.

5. IRCCS

Gli IRCCS possono assolvere, ove esistenti, alle funzioni di COPR, purché dotati delle competenze e delle strutture specificatamente richieste per i COPR.




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:37


Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche Approfondimento: è giusto usare la parola "guarigione"?


Approfondimento: è giusto usare la parola "guarigione"?
Chi è di fatto un soggetto "guarito"? Quando è giusto considerarlo tale? Proprio i medici possono avere maggiori difficoltà ad usare il termine di "guarito" per i soggetti che interrompono le cure per un pregresso tumore.

Uno studio di AIEOP su se e quando i pediatri-oncologi Europei (e oltre oceano) usano il termine "guarito" nella loro pratica quotidiana (Download).




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:38



Informazioni sui Tumori nei Bambini Informazioni Mediche Off Therapy: il futuro del paziente oncologico (Convegno di Torino) Monday 12 May 2008




Off Therapy: il futuro del paziente oncologico (Convegno di Torino)
Il convegno di Torino su Il paziente oncologico e il suo futuro e il progetto OFF THERAPY.
IL PAZIENTE ONCOLOGICO E IL SUO FUTURO - RELAZIONE
Febbraio 1999, Relazione del Convegno di Torino organizzato da UGI e dalla Clinica di Torino del prof. Enrico Madon in occasione dell'8° GIORNATA PER LA LOTTA CONTRO I TUMORI E LE LEUCEMIE DELL’INFANZIA, Meeting annuale di FIAGOP

l Convegno, intitolato “Il Paziente Oncoematologico e il suo Futuro”, ha presentato e discusso le problematiche dei ragazzi che sono usciti dalle terapie (Off Therapy), della loro situazione medica e della qualità di vita che li attende. I dati AIEOP (vedere l’articolo precedente), sono confortanti: essi hanno innestato un dibattito in ambiente medico, negli ultimi anni, sull’uso della parola “lungosopravvivente”, in quanto il grande numero di ragazzi e giovani adulti che sono fuori terapia da anni e che si trova in normale condizioni di salute, indica che queste persone sono effettivamente “guarite” dal tumore o dalla leucemia, cioè che hanno le stesse probabilità di riammalarsi da tumore del resto della popolazione.

Una certa percentuale dei giovani guariti soffre di esiti negativi permanenti che possono costituire uno stato di handicap effettivo. In oncologia pediatrica non viene rilasciato un attestato di guarigione, come ad esempio i certificati rilasciati dopo una malattia infettiva per permettere ai bambini il rientro a scuola.

Questi ragazzi devono invece “rientrare nella vita” e crescere, diventando gli adulti normali che, in effetti, sono. Ma le persone che li circondano - la famiglia stessa, insegnanti, medici ed altri professionisti da cui dipende la possibilità di accedere al lavoro o alle attività sportive, o di ottenere una patente di guida, o di avere una assicurazione sulla vita - stentano ad accettare l’idea che sono guariti. Temono effetti tardivi delle passate terapie, che possono costituire “fattori di rischio”, temono un ritorno della malattia o di un nuovo tumore, e pensano che il ragazzo sia fisicamente compromesso e fragile. I dati AIEOP dimostrano che, in buona parte dei casi, queste paure sono infondate, perciò la considerazione di essere “malato a vita” non può che incidere sullo stato psicologico della persona.

I medici che sono intervenuti durante il convegno, specialisti in Medicina del Lavoro, dello Sport, e dalla Medicina Legale, testimoniavano la loro difficoltà nel superare la bollatura della “lungosopravvivenza” per potere rilasciare attestati di idoneità, certificati per cui sono legalmente responsabili. Non è venuto nessun rappresentante delle Assicurazioni, ma dalle testimonianze dei ragazzi e dei genitori presenti sappiamo che le Assicurazioni difficilmente accettano di sottoscrivere una polizza sulla vita e che spesso fanno difficoltà a sottoscrivere polizze contro infortuni, polizze necessarie per poter essere assunti da dipendente. E’ necessario rivalutare il significato di “fattore di rischio” in quanto i dati sui ragazzi fuori terapia da anni dimostrano che i “rischi” sono in realtà assai bassi. E’ quindi necessario promuovere una nuova cultura attorno alla situazione di queste persone: un “fattore di rischio” non è una malattia. Un ragazzo guarito non è, ad esempio, “a rischio di cardiopatia”. E’ cardiopatico oppure no, ed accertamenti annuali possono individuare il suo stato di salute. I ragazzi guariti non sono costituzionalmente fragili e quindi genericamente “a rischio”.

I dati del Registro Italiano Off Therapy dimostrano che sebbene le terapie praticate rallentino la crescita ed indeboliscano l’organismo durante il periodo di cura, in un intervallo abbastanza breve dopo la sospensione delle terapie la crescita riprende fino a livelli normali e l’organismo ritorna ad una condizione di salute normale per l’età.

E’ evidente che è necessaria una grande opera di sensibilizzazione che deve partire dai medici di basi per raggiungere i medici specialisti, e la Federazione sta sviluppando una collaborazione con l’AIEOP per realizzare una campagna in questi ambienti (PROGETTO OFF THERAPY). E’ inoltre necessario sensibilizzare le famiglie riguardo alle conseguenze che possano derivare dall’accertamento di uno stato di invalidità.

L’invalidità civile, assegnata a percentuale di handicap, e concretizzata tramite un piccolo assegno di accompagnamento, viene data di diritto ai bambini oncologici, ma può rendere difficile il futuro inserimento lavorativo. La pensione di invalidità totale, invece, chiude tutte le porte al mondo del lavoro. Anche la richiesta della “non idoneità al servizio militare” può lasciare un ombra discriminante. E’ necessario che i genitori considerino se il figlio soffre di esiti negativi permanenti che determinano uno stato effettivo di handicap e la necessità di una assistenza economica. Se, invece, il ragazzo si trova in buona salute, è importante che si informino bene prima di fare queste richieste per non rischiare di creare una situazione di disagio nella vita per un giovane adulto che handicappato non è.

La psicologa intervenuta durante il Convegno evidenzia l’importanza che questi giovani si considerino dei guariti e non dei lungosopravviventi. Un ragazzo che continua a considerarsi lungosopravvivente, fragile ed impotente e con una vita a rischio, ha una cattiva immagine di sé che può compromettere il suo inserimento sociale e l’entrata nel mondo del lavoro. Le cause di quest’immagine di sé vanno ricercate nella sua esperienza della malattia passata, nella presenza di esiti permanenti, nella struttura dei suoi rapporti familiari ed extrafamiliari, nel suo inserimento sociale. Gli Atti completi del Convegno di Torino possono essere ottenuti contattando la Segreteria della Federazione o la propria Associazione Genitori.

Suzanne Cappello

IL PROGETTO "OFF THERAPY"
Dal Convegno del 8.10.99 dell’Ospedale “San Luigi” di Orbassano II
Sede Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino
Intervento di Emma Sarlo Postiglione, responsabile FIAGOP del Progetto “Off Therapy”

Durante l’Assemblea della Federazione, è stata delegata ad occuparsi del Progetto “Off Therapy” la Sig.ra Postiglione, incaricata a mettere a punto una serie di iniziative volte a facilitare il futuro dei nostri ragazzi. Al Convegno Medico di agosto presso l’Ospedale “San Luigi”, descrive quanto sinora progettato.

“Qual è il ruolo delle associazioni di volontariato come le nostre nel programma “Off Therapy”? E’ un ruolo che abbiamo già cominciato a svolgere:

1. Sottolineare che esiste “il problema”, se pure un nuovo e felice problema, in tutte le sedi opportune;
2. Evidenziare le necessità di genitori ed ex pazienti, e quindi esplicitare le richieste cui i nostri specialisti, il mondo medico in generale, gli amministratori, sono chiamati a fornire risposte;
3. Produrre noi stessi modelli di soluzioni, da confrontare con la realtà, o meglio con le diverse realtà in cui sorgono i nostri Centri e vivono gli ex pazienti;
4. Cercare il confronto ed il dialogo con i medici e gli amministratori perché quei modelli diventino realtà operative, ottimizzando nel frattempo le risorse economiche a disposizione e, soprattutto, evitando le ricadute negative che iniziative non accuratamente ponderate possono determinare.
Questo è dunque il nostro ruolo, ruolo che intendiamo svolgere per conseguire degli obiettivi. Quali sono, dunque, i nostri obbiettivi? L’obiettivo principale che noi associazioni di genitori ci prefiggiamo nell’affrontare il problema dei ragazzi ex pazienti oncoematologici, e ormai fuori del periodo a rischio di ricadute, è il completo inserimento sociale senza condizionamenti derivanti dal loro essere ex ammalati e con tutti i necessari supporti, soprattutto nel caso di handicap residui.

Riteniamo che un buon progetto per i ragazzi usciti dalla terapia oncoematologica debba prendere in considerazione tutto il percorso fin dalla diagnosi della malattia. Occorrono:

• interventi precoci di sostegno scolastico e sociale
• buon controllo della situazione sanitaria al termine del periodo post terapia
• riabilitazione fisica ed avviamento alla pratica sportiva
• una situazione assicurativa che permetta ai ragazzi di affrontare la vita adulta con serenità
• l’abolizione di barriere non giustificate per l’ingresso al mondo del lavoro.
Dall’esperienza comune di genitori che assistono all’ingresso dei loro figli nell’età adulta è scaturita la necessità di organizzare il Convegno di Torino. Il Convegno non solo ha confermato che, nella sostanza, le preoccupazioni dei genitori erano giustificate, ma le ha provate con il parere autorevole del Prof. Vigilino, medico legale, e del Prof. Scansetti, medico del lavoro, ambedue relatori partecipanti al Convegno.

Come Federazione che unisce le Associazioni dei Genitori dei ragazzi oncoematologici, abbiamo avvertito la necessità di intervenire a livello nazionale per mettere in atto tutti quegli interventi che possono contribuire ad un adeguato inserimento sociale e lavorativo dei nostri figli. Il percorso:

• Analisi della situazione attraverso l’esame del materiale raccolto presso i Centri.
• Se già non esiste, eventuale stesura di un questionario per avere dati che possono essere elaborati.
• Partecipazione con relazioni sulla materia ai convegni dei medici di base, pediatri di base, medici del lavoro, medici legali, medici sportivi, ecc.
• Organizzazione presso tutti i Centri di ambulatori dei guariti.
• Sostegno scolastico fin dalla diagnosi con interventi presso tutti i Provveditorati agli Studi.
• Orientamento scolastico per adeguare le scelte negli studi alle effettive capacità e risorse.
• Formazione di una corretta opinione pubblica agendo sui mezzi di comunicazione di massa e sul mondo della scuola.
E’ un percorso in cui si mescolano responsabilità e competenze diverse. E’ chiaro che un percorso di questo genere non può essere compiuto dai genitori e dalle loro associazioni da soli; esso deve ottenere la stretta collaborazione dei medici curanti e delle istituzioni per avere autorevolezza scientifica, risorse economiche e progetti legislativi. Dal canto nostro, mettiamo a disposizione tutta la nostra capacità di coinvolgere le istituzioni ed il sostegno economico che riusciremo a reperire. In conclusione voglio ribadire un concetto già espresso: “ un buon percorso Off Therapy comincia dalla diagnosi.”




OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:40


Dakar,05 gennaio

Ch.mo Professore
Riccardo RICCARDI

Oggetto : Lettera di ringraziamento

Egregio professore,
il reparto di oncologia pediatrica di cui lei e' a capo,lavora giorno e notte per la salute dei ns bambini . E' con questo obbiettivo che i nostri medici hanno dovuto far ricorso alla vs competenza per affidarvi la piccola Amina Wade . Ed e' con questa devozione e professionalita' che siete riusciti a guarirla da questa terribile malattia che e' il tumore nonostante fossero scarse le possibilita' di sopravvivenza quando e' venuta in Italia .
Ma grazie alla vs esperienza e all'aiuto dei vs collaboratori,tutto il personale medico,i dottori dell'Ospedale che Amina ha potuto vincere la malattia e ritrovare la gioia di vivere,di assaporare il piacere dei giochi con i suoi compagni e persino di andare a scuola.
E noi,suoi genitori,eravamo cosi' impazienti di vederla tornare al paese natale per coccolarla ma anche il destino l'attendeva,e ha colpito il giorno 13 dicembre .
Come buoni credenti,noi accettiamo la volonta' divine di Dio Onnipotente che ha cosi' deciso .
E i vs sforzi non sono stati vani perche' abbiamo ritrovato Amina piena di vita e raggiante e abbiamo passato con lei alcuni momenti indimenticabili . Dovrete sempre compiere questi stessi sforzi per salvare altri bambini che ritroveranno cosi' la gioia di vivere, e i loro genitori ritroveranno la serenita' familiare.
Noi,genitori dei vs piccoli pazienti,non smetteremo mai di ringraziarvi dal profondo del cuore per tutti quei sacrifici che fate per i ns bambini.
Ancora una volta un grande grazie .

Papa Khalilou Wade






OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:42


Sabato 11 Ottobre 2003 è statoeseguito presso il Policlinico Gemelli un intervento di separazione delle due gemelle craniopaghe di 4 mesi, provenienti dalla Grecia.


Le bambine avevano in comune la regione orbitaria sinistra, la base e la volta cranica anteriori di sinistra. I loro lobi frontali erano intimamente aderenti attraverso un difetto dell’unica membrana durale che separava i due cervelli, ma le strutture nervose vitali si erano sviluppate indipendentemente con un proprio circolo arterioso e venoso. I corpi erano ruotati di 180° rispettivamente.


Il decorso post-operatorio è stato sino ad oggi soddisfacente. Al momento non sono state registrate complicazioni. Il rischio immediato, comunque attualmente sotto controllo, è quello di eventuali infezioni e di alterazioni della dinamica liquorale per la malformazione delle membrane leptomeningee.


Le gemelline
Già pochi giorni dopo la nascita avvenuta lo scorso 13 Giugno, le bambine erano state segnalate alla Neurochirurgia Infantile del Policlinico Gemelli dalla Neonatologia dell’Ospedale Ippokration di Salonicco per un’eventuale terapia chirurgica, dopo un’analisi effettutata in Europa ed in Nord America sui centri in grado di effettuare una procedura di tale livello di complessità. La struttura della cattolica è stata scelta perché giudicata la più attrezzata-in termini di know-how, logistica e approccio multidisciplinare- per affrontare al meglio la questione.

Di comune accordo tra l’Ospedale greco e il Policlinico italiano si è così deciso di attendere, se le condizioni lo avessero permesso, i primi quattro mesi di vita: dopo tale periodo l’emoglobina fetale del neonato viene sostituita dall’emoglobina matura di tipo adulto, capace di trasportare più efficacementel’ossigeno e quindi di compensare meglio le prevedibili perdite ematiche.
I clinici greci che hanno assistito le gemelline sono stati in grado di ottenre uno sviluppo estremamente soddisfacente delle bambine. Si è così deciso di procedere agli accertamenti ed eventualmente all’intrevento già in questa fase precoce di vita, per tentare di evitare la perdita della funzione visiva degli occhi di sinistra, secondaria al loro non uso prolungato (cosa che appariva giustificare l’accresciuto rischio legato alle eventuali perdite emorragiche, che sarebbero state più sostenibili in una fase più tardiva).


L’arrivo delle neonate al Gemelli
Le bambine sono arrivate nel nostro Policlinico mercoledì 8 Ottobre e ricoverate presso il reparto di Neurochirurgia Infantile.


La direzione del Gemelli si è adoperata per garantire la massima riservatezza, secondo la sua bituale politica ed anche su specifica richiesta dei familiari. Questi ultimi sono statia lloggiati presso la Residenza protetta all’interno del Policlinico Gemelli, attrezzato per assistere i piccoli pazienti offrendo nello stesso momento la possibilità ai loro genitori di rimanere vicini.
Un sostegno economico per la permanenza dei genitori è stato assicurato da un’Associazione di volontariato (Ali di Scorta), che collabora attivamente alle attività della Neurochirurgia e dell’Oncologia Pediatrica di questo Policlinico.


Gli accertamenti diagnostici
Già nello stesso giorno dell’arrivo venivano effettuati gli accertamenti pediatrici, in particolare un accurato studio delle funzioni cardiache e del circolo cerebrale mediante indagini Doppler, eseguite dai medici del Dipartimento di Scienze Pediatriche Medico-Chirurgiche e Neuroscienze dell Sviluppo. Tyali esami hanno permesso di individuare nelle due bambine i vasi di pertinenza dei due emisferi ee la direzione del loro flusso, dimostrandone la relativa indipendenza.


Venerdì 10 Ottobre i medici dell’Istituto di Radiologia hanno eseguito uno studio di Risonanza Magnetica e TAC spirale, in condizioni di base e dopo iniezione di mezzo di contrasto dei crani delle due bambine.


Le indagini hanno permesso di identificare perfettamente le strutturee in comune dei due crani (etmoide, fossa cranica anteriore, setti orbitari e parete laterale delle orbite di sinistra) e di evidenziare come le cortecce frontali dei due emisferi fossero intimamente connesse per un’area a losanga di 2-5cm per 12, e separate per la restante zona di sovrapposizione da un’unica membrana durale.


Entrambi i cervelli apparivano schiacciati e dislocati per la reciproca compressione, ma apparentemente ben conformati. I due crani erano invece notevolmente deformati per una plagiocefalia nella bambina B e una plagiocefalia-trigonocefalia nella bambina A.


Sulla base delle condizione delle bambine e delle informazioni ottenute dalle indagini neuroradiologiche si decideva di procedere all’intervento il giorno successivo.


L’equipe medica per l’intervento di separazione
Si è procedutoquindi a organizzare l’équipe medica che avrebbe eseguito l’operazione: 8 anestesisti pediatrici, coordinati dal Dr. Domenico Pietrini; 8 neurochirurghi infantili, coordinati dal Prof. Concezio Di Rocco; 2 chirurghi plastici ricostruttivi, Prof. Eugenio Farallo e Antonio Seccia e 12 infermieri coordinati dalla Signora Enrica Pietracci. Hanno inoltre collaborato 2 chirurghi oculisti e 2 Ematologi. All’intervento ha presenziato infine un neurochirurgo pediatrico greco di fiducia della famiglia il Dr. Michalis Koutzoglou.


L’intervento di separazione
L’intervento, iniziato sabato 11 ottobre alle ore 7,00 e terminato alle 20,00 ha permesso di isolare i due crani e quindi le due cortecce cerebrali, ricostruire il rivestimento durale dei due emisferi, separare le due cavità orbitarie e i due globi oculari.


Le ultime due ore sono state utilizzate da équipe miste di chirurghi plastici e neurochirurghi per la ricostruzione parziale del cranio e delle orbite e dei rivestimenti molli, con creazione di lembi ruotati ed innesti liberi di cute prelevati dagli arti inferiori.


Alla fine della procedura le bambine in condizioni stabili ed in grado di respirare autonomamente sono state condotte presso l’Unità di Terapia Intensiva Pediatrica.



Il decorso post-operatorio
Il decorso post-operatorio è stato sino ad oggi soddisfacente, e al momento non sono state registrate complicazioni.


Il rischio immediato, comunque attualmente sotto controllo, è quello di eventuali infezioni ( per l’inadeguatezza dei tessuti di rivestimento del cranio ) e di alterazioni della dinamica liquorale (idrocefalo, fistole liquorali) per la malformazione delle membrane leptomeningee.


La ricostruzione definitiva della scatola cranica e delle orbite è prevista tra due o tre mesi.


Lo sviluppo psicomotorio a distanza non è attualmente anticipabile con certezza, ma, in assenza di complicazioni a breve o medio termine, ci si aspetta un esito favorevole con una qualità di vita soddisfacente.




PER LA STAMPA


RINGRAZIAMO CON TUTTO IL CUORE IL PROF. CONCEZIO DI ROCCO PER LA SENSIBILITA’CON LA QUALE HA COLTO E TRATTATO IL PROBLEMA INERENTE LE NOSTRE FIGLIE SIA DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO CHE UMANO.


PARALLELAMENTE, RINGRAZIAMO TUTTI I SUOI COLLABORATORI DI OGNI SPECIALITA’ CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA RIUSCITA DI QUESTO TRAGUARDO.


INOLTRE DOBBIAMO RINGRAZIARE IL POLICLINICO AGOSTINO GEMELLI PER LA CALOROSA ACCOGLIENZA, CONTRIBUENDO ALLA PARTE ECONOMICA DELLA DEGENZA E DELL’INTERVENTO.

I GENITORI DELLE BAMBINE






OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:43



FAVOLE, FAVOLE, UN LIBRO PER I BAMBINI MALATI DI TUMORE- 22 MAGGIO

QUANDO SONO LE FAVOLE A RACCONTARE I BAMBINI ANSIE, PAURE E ASPETTATIVE DEI PICCOLI MALATI DI TUMORE

In un libro l’indagine semiotica e psicologica delle storie create dai pazienti

Roma - C’è una profondità che mette i brividi nei racconti dei piccoli malati di tumore: bambini e bambine con una maturità da grandi, che leggono il mondo e vivono il tempo in una dimensione diversa dai loro coetanei sani. Nel gioco della vita a loro è toccata subito la battaglia più difficile, quella senza possibilità di fuga: per vincerla l’unica via possibile è quella di capire chi è il nemico e perché. Scrive Barbara, 11 anni (i nomi sono di fantasia, solo l’età è reale) “…La favola è bella ma con gioielli falsi, in poche parole è la bugia e la verità è brutta ma è vera…”. Maria ha la stessa età e la stessa voglia di lottare. “I miei pensieri sono come il vento forte. Corrono veloci e mi fanno paura ma sono solo pensieri come i sogni, ti svegli e l’incubo è passato ma se mi guardo attorno, qualcosa è rimasto e ricomincio a pensare…”. Sono solo due esempi, tra l’altro non completi, di 360 elaborati di bambini ricoverati nei 53 Centri di oncologia e ematologia pediatrica italiani valutati da un’équipe di semiologi e psicologi allo scopo di approfondire la conoscenza, di capire le ansie e le esigenze dei piccoli pazienti durante la difficile esperienza di malattia. Tutto questo materiale è oggi raccolto in un volume dal titolo “Favole Favole”, edito da Raffaello Cortina, ed è l’ultimo tassello della ormai lunga collaborazione tra l’AIEOP, l’Associazione Italiana di Oncologia e Ematologia Pediatrica e Glaxo Wellcome (Gruppo Glaxo Smithkline). “Una collaborazione – come ricorda il presidente della multinazionale Gian Pietro Leoni - nata nel 1997 con l’obiettivo di andare oltre i più tradizionali modelli di interazione scientifica, per promuovere iniziative che avessero al centro dell’attenzione la qualità della vita e i bisogni del pazienti”.

La prima di queste iniziative è stata “Tutti Bravi”, un concorso a tema e forma espressiva liberi, a cui è seguito, due anni fa, “Favole, favole, favole”: l’invito, sempre a i bambini ricoverati di entrare nel fantastico mondo del C’era una volta. Un percorso intenso e spesso drammatico che impone un ripensamento generale sulla necessità di affrontare le patologie gravi, non solo ed esclusivamente attraverso l’impiego di irrinunciabili cure, ma anche di altrettanto fondamentali supporti psicosociali a sostegno del paziente e della qualità della sua vita.
Del resto “lo scopo dell’oncologia pediatrica – spiega Giuseppe Basso, presidente dell’AIEOP - è fare in modo che i bambini abbiano in futuro una vita normale, la più normale possibile. Oltre all’intervento terapeutico, diventa dunque di fondamentale importanza che anche durante la malattia il bambino non perda il contatto con il suo mondo – la scuola, la famiglia, le amicizie -: si senta cioè uguale ai compagni e i compagni non lo considerino diverso da loro. In questo contesto progetti come “Tutti Bravi” e “Favole, favole, favole…” sono di fondamentale importanza, proprio perché curano un aspetto che non è direttamente quello della malattia, ma che fa parte integrante del trattamento globale. Il momento ludico e creativo consente infatti ai piccoli di mantenere e sviluppare la propria fantasia anche nei periodi passati in ospedale”. Un approccio questo che ha una tradizione ormai ventennale all’Ospedale Mayer di Firenze, “da quando cioè – illustra Gabriella Bernini, primario dell’Unità di oncoematologia - è iniziata un’attività di teatro e di animazione, che vede impegnati in prima persona medici e operatori sanitari e che ha lo scopo di rallegrare durante le feste più importanti i bambini costretti a stare in corsia. Dal 1995 è stata aperta la ludoteca e in ospedale è entrata la musica. Cinque anni fa sono arrivati i clown dottori: si sono affacciati quasi in sordina in Oncoematologia ed è stata un’esperienza entusiasmante per come sono stati accolti e si sono integrati nella vita di tutti i giorni. La dimostrazione è che molti bambini accettavano le procedure dolorose con tranquillità solo ed esclusivamente alla presenza dei pagliacci”.
Ma cosa hanno detto agli esperti queste favole? “Le strutture formali della narrazione - sostiene Marina Sbisà, docente di filosofia del linguaggio all’Università di Trieste - e in particolare della narrazione fiabesca consentono la gestione indiretta di domande esistenziali profonde: il senso del vivere e del soffrire, il senso dell'individualità e delle relazioni con gli altri. Questa gestione viene condotta utilizzando le strutture generali dell'immaginario narrativo con la grazia e la decisione tipica dei bambini, ora accettando a cuor leggero convenzioni e aspettative riconosciute (quale ad esempio il "lieto fine"), ora integrandole o sostituendole con scelte poco o per nulla ortodosse ma che possono dare molto a pensare”.
“La malattia – aggiunge Pia Massaglia, ricercatore presso la sezione di Neuropsichiatria Infantile all’Università di Torino - rende più difficile l'elaborazione simbolica in quanto rappresenta la concretizzazione reale delle ansie presenti nelle varie tappe del percorso evolutivo. In quest'ottica sono individuabili modalità di coping che consentono ai bambini malati di preservare preziosi spazi di vita liberi dalla malattia e dalla sofferenza mentale; a questo proposito è significativo come solo una piccola parte degli elaborati si riferisca in modo esplicito all’esperienza di malattia e di terapia: i bambini mantengono così la progettualità personale e i propri legami di amicizia, anche se in una dimensione prevalente di ricordo, di desiderio e/o di sogno. Se però analizziamo i pochi testi con riferimenti espliciti al tumore e/o alla cura e ricomponiamo i diversi frammenti di racconto, ricostruiamo una “storia” di malattia drammatica fin dall’inizio. L’esordio è tratteggiato come un precipitare improvviso e inatteso di eventi sempre più sfavorevoli, cui si accompagnano angosce di impotenza e di confusione, sentimenti di terrore rispetto agli adulti (genitori - medici - infermieri), inspiegabilmente coalizzati nell’attuare un piano crudele (perché comporta interventi aggressivi). Si tratta di una situazione emozionale primaria, in cui sono presenti dinamiche di scissione che producono personaggi malvagi contrapposti a quelli salvifici, luoghi di pena (letto di ospedale) e di gioia (casa), come nelle fiabe. Se i curanti prendono in considerazione l’importanza di favorire nei piccoli pazienti una visione realistica degli eventi e di sostenere in loro un atteggiamento di fiducia – conclude Massaglia - possono contribuire in modo significativo ad attenuare nei bambini le interpretazioni estreme dell’esperienza di malattia e di terapia. Ricevere attenzione e ascolto promuove in loro la consapevolezza di essere curati e permette loro di raccontare, quando e come lo sentono possibile e desiderabile, emozioni, sentimenti e pensieri su vari momenti della loro storia passata, presente e futura. Si ristabilisce allora gradualmente la prospettiva di continuità dell’esistenza, che era stata offuscata dalla presenza della malattia tumorale, ora ridimensionata nella sua pervasività emotivamente traumatica”.










FAVOLE, FAVOLE, UN LIBRO PER I BAMBINI MALATI DI TUMORE- 22 MAGGIO

QUANDO SONO LE FAVOLE A RACCONTARE I BAMBINI ANSIE, PAURE E ASPETTATIVE DEI PICCOLI MALATI DI TUMORE

In un libro l’indagine semiotica e psicologica delle storie create dai pazienti

Roma - C’è una profondità che mette i brividi nei racconti dei piccoli malati di tumore: bambini e bambine con una maturità da grandi, che leggono il mondo e vivono il tempo in una dimensione diversa dai loro coetanei sani. Nel gioco della vita a loro è toccata subito la battaglia più difficile, quella senza possibilità di fuga: per vincerla l’unica via possibile è quella di capire chi è il nemico e perché. Scrive Barbara, 11 anni (i nomi sono di fantasia, solo l’età è reale) “…La favola è bella ma con gioielli falsi, in poche parole è la bugia e la verità è brutta ma è vera…”. Maria ha la stessa età e la stessa voglia di lottare. “I miei pensieri sono come il vento forte. Corrono veloci e mi fanno paura ma sono solo pensieri come i sogni, ti svegli e l’incubo è passato ma se mi guardo attorno, qualcosa è rimasto e ricomincio a pensare…”. Sono solo due esempi, tra l’altro non completi, di 360 elaborati di bambini ricoverati nei 53 Centri di oncologia e ematologia pediatrica italiani valutati da un’équipe di semiologi e psicologi allo scopo di approfondire la conoscenza, di capire le ansie e le esigenze dei piccoli pazienti durante la difficile esperienza di malattia. Tutto questo materiale è oggi raccolto in un volume dal titolo “Favole Favole”, edito da Raffaello Cortina, ed è l’ultimo tassello della ormai lunga collaborazione tra l’AIEOP, l’Associazione Italiana di Oncologia e Ematologia Pediatrica e Glaxo Wellcome (Gruppo Glaxo Smithkline). “Una collaborazione – come ricorda il presidente della multinazionale Gian Pietro Leoni - nata nel 1997 con l’obiettivo di andare oltre i più tradizionali modelli di interazione scientifica, per promuovere iniziative che avessero al centro dell’attenzione la qualità della vita e i bisogni del pazienti”.

La prima di queste iniziative è stata “Tutti Bravi”, un concorso a tema e forma espressiva liberi, a cui è seguito, due anni fa, “Favole, favole, favole”: l’invito, sempre a i bambini ricoverati di entrare nel fantastico mondo del C’era una volta. Un percorso intenso e spesso drammatico che impone un ripensamento generale sulla necessità di affrontare le patologie gravi, non solo ed esclusivamente attraverso l’impiego di irrinunciabili cure, ma anche di altrettanto fondamentali supporti psicosociali a sostegno del paziente e della qualità della sua vita.
Del resto “lo scopo dell’oncologia pediatrica – spiega Giuseppe Basso, presidente dell’AIEOP - è fare in modo che i bambini abbiano in futuro una vita normale, la più normale possibile. Oltre all’intervento terapeutico, diventa dunque di fondamentale importanza che anche durante la malattia il bambino non perda il contatto con il suo mondo – la scuola, la famiglia, le amicizie -: si senta cioè uguale ai compagni e i compagni non lo considerino diverso da loro. In questo contesto progetti come “Tutti Bravi” e “Favole, favole, favole…” sono di fondamentale importanza, proprio perché curano un aspetto che non è direttamente quello della malattia, ma che fa parte integrante del trattamento globale. Il momento ludico e creativo consente infatti ai piccoli di mantenere e sviluppare la propria fantasia anche nei periodi passati in ospedale”. Un approccio questo che ha una tradizione ormai ventennale all’Ospedale Mayer di Firenze, “da quando cioè – illustra Gabriella Bernini, primario dell’Unità di oncoematologia - è iniziata un’attività di teatro e di animazione, che vede impegnati in prima persona medici e operatori sanitari e che ha lo scopo di rallegrare durante le feste più importanti i bambini costretti a stare in corsia. Dal 1995 è stata aperta la ludoteca e in ospedale è entrata la musica. Cinque anni fa sono arrivati i clown dottori: si sono affacciati quasi in sordina in Oncoematologia ed è stata un’esperienza entusiasmante per come sono stati accolti e si sono integrati nella vita di tutti i giorni. La dimostrazione è che molti bambini accettavano le procedure dolorose con tranquillità solo ed esclusivamente alla presenza dei pagliacci”.
Ma cosa hanno detto agli esperti queste favole? “Le strutture formali della narrazione - sostiene Marina Sbisà, docente di filosofia del linguaggio all’Università di Trieste - e in particolare della narrazione fiabesca consentono la gestione indiretta di domande esistenziali profonde: il senso del vivere e del soffrire, il senso dell'individualità e delle relazioni con gli altri. Questa gestione viene condotta utilizzando le strutture generali dell'immaginario narrativo con la grazia e la decisione tipica dei bambini, ora accettando a cuor leggero convenzioni e aspettative riconosciute (quale ad esempio il "lieto fine"), ora integrandole o sostituendole con scelte poco o per nulla ortodosse ma che possono dare molto a pensare”.
“La malattia – aggiunge Pia Massaglia, ricercatore presso la sezione di Neuropsichiatria Infantile all’Università di Torino - rende più difficile l'elaborazione simbolica in quanto rappresenta la concretizzazione reale delle ansie presenti nelle varie tappe del percorso evolutivo. In quest'ottica sono individuabili modalità di coping che consentono ai bambini malati di preservare preziosi spazi di vita liberi dalla malattia e dalla sofferenza mentale; a questo proposito è significativo come solo una piccola parte degli elaborati si riferisca in modo esplicito all’esperienza di malattia e di terapia: i bambini mantengono così la progettualità personale e i propri legami di amicizia, anche se in una dimensione prevalente di ricordo, di desiderio e/o di sogno. Se però analizziamo i pochi testi con riferimenti espliciti al tumore e/o alla cura e ricomponiamo i diversi frammenti di racconto, ricostruiamo una “storia” di malattia drammatica fin dall’inizio. L’esordio è tratteggiato come un precipitare improvviso e inatteso di eventi sempre più sfavorevoli, cui si accompagnano angosce di impotenza e di confusione, sentimenti di terrore rispetto agli adulti (genitori - medici - infermieri), inspiegabilmente coalizzati nell’attuare un piano crudele (perché comporta interventi aggressivi). Si tratta di una situazione emozionale primaria, in cui sono presenti dinamiche di scissione che producono personaggi malvagi contrapposti a quelli salvifici, luoghi di pena (letto di ospedale) e di gioia (casa), come nelle fiabe. Se i curanti prendono in considerazione l’importanza di favorire nei piccoli pazienti una visione realistica degli eventi e di sostenere in loro un atteggiamento di fiducia – conclude Massaglia - possono contribuire in modo significativo ad attenuare nei bambini le interpretazioni estreme dell’esperienza di malattia e di terapia. Ricevere attenzione e ascolto promuove in loro la consapevolezza di essere curati e permette loro di raccontare, quando e come lo sentono possibile e desiderabile, emozioni, sentimenti e pensieri su vari momenti della loro storia passata, presente e futura. Si ristabilisce allora gradualmente la prospettiva di continuità dell’esistenza, che era stata offuscata dalla presenza della malattia tumorale, ora ridimensionata nella sua pervasività emotivamente traumatica”.
































OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:44



I TUMORI OSSEI

I tumori maligni primitivi delle ossa sono molto rari ma anche i più aggressivi e colpiscono prevalentemente i bambini e gli adolescenti. In Italia si stima che l'incidenza delle due neoplasie più frequenti (osteosarcoma e sarcoma di Ewing) sia di circa 3-4 casi/milione di abitanti/anno (cioé circa 150-200 nuovi casi ogni anno). Le possibilità di cura sono nettamente aumentate negli ultimi decenni da quando si è imposto, in associazione all'intervento chirurgico di asportazione del segmento osseo malato, un particolare trattamento chemioterapico. Con queste cure più della metà dei pazienti guarisce completamente. Anche in caso di ricaduta comunque, la guarigione rimane un obiettivo realizzabile.

Durante il periodo del trattamento i ragazzi in età scolare non sono quasi mai in grado di frequentare le relative classi nelle scuole di provenienza anche quando non sono ospedalizzati. L'impossibilità di garantire la frequenza scolastica é spesso dovuta all'alterazione dei valori ematologici (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine); a volte invece la causa é direttamente legata alla presenza della malattia che, nel periodo preoperatorio, altera la resistenza dei segmenti ossei interessati con un elevato rischio di fratture e, dopo l'intervento chirurgico, comporta spesso l'applicazione di ingombranti apparecchi gessati.
Da un'indagine condotta su 211 pazienti in età scolare, ospedalizzati per lunghi periodi di chemioterapia nel decennio 1985-1995, è emerso che più del 40% dei pazienti di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, abbia subìto un ritardo di uno o (in un terzo dei casi) persino di due anni scolastici. Nella risposte al questionario sui problemi di studio incontrati durante la malattia, molti pazienti e genitori hanno lamentato la frequente indifferenza e scarsa capacità di sostegno degli istituti scolastici di provenienza. L'interruzione del normale percorso educativo può quindi rappresentare per questi ragazzi un'ulteriore, ingiustificabile penalizzazione; la perdita del rapporto con la propria classe e con gli insegnanti aumenta il senso di isolamento e concorre a restringere tutta l'attenzione dei paziente sulla malattia.


















OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:47


Sopravvivenze a rischio

Sono oltre 12mila ogni anno gli adolescenti e i giovani adulti italiani fra i 15 e i 39 anni che si ammalano di cancro. Più precisamente 8000 donne e 5800 uomini, con un’incidenza maggiore per il sesso femminile. I numeri sono stati dati in un recente convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità a Roma e si aggiungevano a una notizia complessivamente positiva, la sopravvivenza media in Italia è in progressivo aumento e la mortalità è stimata in entrambi i sessi a soli 10 malati ogni 100mila. Questo vuol dire che si sopravvive sempre di più ai tumori dell’infanzia. Ma è davvero una buona notizia? A leggere uno studio appena pubblicato dal New England Journal of Medicine sembrerebbe di no. Il fatto è che bisogna chiedersi come sopravvivano a distanza di anni, coloro che da bambini si erano visti diagnosticare un cancro. E la risposta a giudicare dall’indagine non è del tutto positiva.

Lo studio
Il fatto chiaro, sostiene lo studio statunitense nella sua introduzione, è che quasi l’80% dei bambini e degli adolescenti che riceve una diagnosi di cancro diventa un sopravvissuto a lungo termine. Negli Stati Uniti ci sono circa 270000 sopravvissuti a tumori pediatrici, uno ogni 640 adulti tra i 20 e i 39 anni. Un dato epidemiologico che ha portato alla realizzazione di studi nei quali si prendessero in considerazione le conseguenze sulla salute a lungo termine. Per esempio è diventato un fatto chiaro che i danni al sistema degli organi dei bambini per effetto della chemioterapia e della radioterapia non risultano evidenti per lungo tempo. Tre, dicono i ricercatori, sono le condizioni da monitorare: stato di salute, mortalità e morbidità. Ed è proprio quest’ultimo parametro quello nel tempo meno analizzato. Ci sono quattro studi, condotti su campioni piuttosto bassi, che hanno riportato una stima della prevalenza degli effetti tardivi o delle condizioni croniche associate con la terapia del cancro. Ma si trattava appunto di campioni piuttosto piccoli e perciò poco conclusivi. Servivano ricerche più ampie. E di questo si è occupato lo studio in questione con l’obiettivo di determinare prevalenza, incidenza e severità delle condizioni croniche negli adulti sopravvissuti a tumori infantili, nonché di valutare il grado di rischio di malattie croniche comparato con quello dei coetanei. Il Childhood Cancer Survivor Study, questo il nome dello studio, ha seguito lo stato di salute di 10397 adulti che hanno ricevuto una diagnosi di cancro nell’infanzia tra il 1970 e il 1986 e lo ha confrontato con quello di fratelli con un’infanzia più fortunata, cioè senza il tumore. A ogni condizione è stato assegnato un punteggio di severità, da 1 a 4 cioè da lieve a potenzialmente fatale. Dopodiché con particolari modelli statistici, quelli di Cox, è stato valutato il rapporto di rischio per una condizione cronica. I risultati non sono stati particolarmente confortanti. Per queste persone, dice lo studio nelle sue conclusioni, l’età adulta riserva, con maggiori probabilità rispetto al gruppo di controllo, un secondo cancro, malattie cardiache o renali, problemi muscoloscheletrici e anomalie endocrine. Con dati peggiori per le bambine sopravvissute rispetto ai coetanei di sesso maschile. Va detto che si tratta di condizioni tutte autoriportate senza verifica esterna, tranne che per nuove diagnosi di tumore o per la morte. In più ci sono condizioni croniche associate alla terapia del tumore, come la cardiomiopatia, che possono rimanere silenti per lunghi periodi e altre come l’osteoporosi o l’ipertensione che possono essere sottoriportate.
Infine altre condizioni come quelle mentali sono state escluse dalla lista. Il dato chiaro, però, è che l’incidenza di condizioni cattive di salute aumenta col passare del tempo. Il monitoraggio dei piccoli “sopravvissuti” è assolutamente fondamentale.

Marco Malagutti







OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
17/01/2009 02:48


ELENCO DELLE ASSOCIAZIONI GENITORI
ADERENTI A FIAGOP
DA NORD A SUD , REGIONE PER REGIONE

===========================================
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
===========================================

PIEMONTE
========
U.G.I. unione genitori italiani
contro tumori dei bambini
Torino - www.ugi-torino.it

LOMBARDIA
=========
AGAL ass.genitori
e amici bambino leucemico
Pavia - www.associazioneagal.org

COMITATO MARIA LETIZIA VERGA
per lo studio e la cura della leucemia del bambino
Monza - www.comitatomarialetiziaverga.it

FRIULI VENEZIA GIULIA
=====================
AGMEN/FVG ass. genitori malati emopatici
neoplastici friuli venezia giulia
Trieste - www.agmen-fvg.org

LIGURIA
=======
A.B.E.O.- ass. ligure bambino emopatico ed oncologico
Genova - www.abeoliguria.it

AGEOP ass.genitori ematologia onco-pediatrica
Bologna - www.ageop.org

ASEOP - ass. sostegno ematologia ed onco-pediatrica
Modena - www.aseop.it

NOI PER LORO
ass. a favore di giovani oncoemopatici
Parma - www.rsadvnet.it/noiperloro/

TOSCANA
=======
A.G.B.A.L.T. ass. genitori per la cura e l'assistenza ai
bambini affetti da leucemia o tumore
Pisa - www.agbaltonlus.it

NOI PER VOI ass. noi per voi contro leucemie
e tumori infantili
Firenze - www.noipervoi.org

LAZIO
=====
AGOP ass genitori oncologia pediatrica
Roma - www.inzona.com/agop.htm

ALI DI SCORTA
per la lotta alle malformazioni e tumori cerebrali
Roma - www.alidiscorta.it segreteria@alidiscorta.it

ASSOCIAZIONR PETER PAN
l'accoglienza del bambino onco-ematologico
Roma - www.asspeterpan.it

ABRUZZO
=======
A.G.B.E. ass genitori bambini emopatici-leucemici
Pescara - www.agbe.it

CAMPANIA
========
A.c.L.T.I. ass contro le leucemie e tumori nell'infanzia
Napoli - www.aclti.it

PUGLIA
======
APLETI ass pugliese leucemie per la lotta
contro le emopatie e tumori dell'infanzia
Bari - www.apleti.it

PER UN SOGNO IN PIU'
ass. genitori onco-ematologia pediatrica
Lecce - www.perunsorrisoinpiu.net

CALABRIA
========
COMITATO MARCO PAOLUCCI
per la cura delle leucemie e emopatie infantili
Catanzaro - www.comitatomarcopaolucci.org

SICILIA
=======
A.S.L. ass. siciliana leucemie
Capo d'Orlando (ME) - www.assileucemia.it

A.S.L.T.I.-LIBERI DI CRESCERE
ass.siciliana lotta contro leucemie e tumori infantili
Palermo - www.liberidicrescere.it



LOTTERIA
[Non Registrato]
22/01/2009 18:51

Re: PREPARATEVI........ IL 21 GENNAIO ESTRAZIONE DEI BIGLIETTI DELLA LOTTERIA
[POSTQUOTE][QUOTE:90092449=mauretto58, 11/01/2009 1.24]

IL 21 GENNAIO 2009 SARANNO ESTRATTI , DAVANTI UN NOTAIO , I BIGLIETTI VINCENTI DELLA LOTTERIA ALI DI SCORTA...................
PREPARATEVI , POTREBBE ESSERE IL VOSTRO GIORNO FORTUNATO .
[/QUOTE][/POSTQUOTE]


L'ESTRAZIONE DELLA LOTTERIA E' STATA RINVIATA AL 25 FEBBRAIO 2009 PER RAGIONI AMMINISTRATIVE E SARA'
RIPORTATA NEL SITO DI ALI DI SCORTA IL GIORNO SUCCESSIVO.
CI SCUSIAMO PER L'INCONVENIENTE.


SILVIA RICCARDI
OFFLINE
Post: 6.689
Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
23/01/2009 15:32

POSTICIPATA L'ESTRAZIONE DEI BIGLIETTI


L'ESTRAZIONE DEI BIGLIETTI DELLA LOTTERIA DI ALI DI SCORTA E' STATA POSTICIPATA AL 25 FEBBRAIO 2009 .
TALE POSTICIPO E' STATO DOVUTO ALLA NUOVA NORMATIVA PER QUANTO RIGUARDA LE LOTTERIE ANCHE A FORMA DI BENEFICENZA ; INFATTI SI E' DOVUTO CERTIFICARE IL TUTTO AL MINISTERO (gia' effettuato) , PAGANDO ANCHE UNA TASSA DI 750 euro .
ORA CI SONO DA ASPETTARE I CANONICI 30 GIORNI ED IL 25.02.'09 MATTINA DAL NOTAIO E CON UN RAPPRESENTANTE DEL XIX° MUNICIPIO , SARANNO ESTRATTI I BIGLIETTI DELLA LOTTERIA .
SCUSANDOCI DELL'ACCADUTO (NON PER NOSTRA CAUSA), VI RIMANDIAMO AL 26 FEBBRAIO , QUANDO SARANNO DIRAMATI I TAGLIANDI VINCENTI SUL NS SITO www.alidiscorta.it ALLA VOCE AVVISI .

BUONA FORTUNA........................
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:48. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com